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Zurigo: esposizione sui “bambini della strada” di Pro Juventute

(Keystone-ATS) L’archivio cantonale di Zurigo ha aperto oggi un’esposizione dedicata ad un triste capitolo della storia svizzera: il programma di Pro Juventute “Kinder der Landstrasse” (bambini di strada), nel cui ambito circa 600 bambini nomadi furono strappati ai loro genitori fra il 1926 e il 1972, con l’intento di porre un freno al “vagabondaggio”.

L’esposizione “Verwaltetes Leben – Die Kinder der Landstrasse und ihre Akten” (vita amministrata – i bambini della strada e i loro dossier) è stata allestita da Thomas Meier e Sara Galle, due storici dell’Università di Zurigo che da decenni si occupano di questo tema. L’esposizione, aperta fino al 14 luglio, è accompagnata da proiezioni cinematografiche, letture, discussioni e seminari, in parte dedicati anche alle classi scolastiche.

Meier e Galle, convinti che la questione sia sempre d’attualità, mostrano come i figli degli zingari siano stati trattati da criminali a causa di pregiudizi messi ufficialmente agli atti dalle autorità. I dossier dell’apparato burocratico – che spesso contenevano apprezzamenti come “stupido”, “depravato” o “minorato” – furono anche utilizzati dalle autorità, dagli istituti e dalle cliniche a scopi di propaganda e di persecuzione nei confronti di una minoranza.

Ancora oggi alcuni di loro stanno combattendo per la loro riabilitazione e l’esposizione – sottolinea un comunicato dell’Archivio di Stato zurighese – dovrebbe far sì che certi fatti non vadano mai dimenticati.

Per 47 anni i figli degli jenish, dei sinti e dei rom della Svizzera furono sistematicamente sottratti ai loro genitori e collocati presso genitori affidatari, istituti, cliniche psichiatriche e orfanotrofi. La metà dei sequestri avvennero nel canton Grigioni, dove viveva la più numerosa comunità nomade. La maggior parte di questi bambini ricevette una formazione scolastica rudimentale o addirittura inesistente. Oltre l’80% di loro non ebbe alcuna possibilità di scegliere un mestiere. Più di un quarto fu dichiarato criminale e piazzato in un istituto chiuso.

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