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Vittime misure coercitive: molti non chiedono indennità

Sguardo su un'esposizione dedicata alle vittime di misure coercitive a scopo assistenziale allestita a Berna nel 2016. KEYSTONE/CHRISTIAN BEUTLER sda-ats

(Keystone-ATS) Sfiducia nei confronti dell’autorità: è uno dei motivi alla base della decisione di molte vittime di misure coercitive a scopo assistenziale e di collocamenti extrafamiliari prima del 1981, che stanno oggi rinunciando alle indennità a cui avrebbero diritto.

È quanto emerge dalle ricerche effettuate da – o per conto della – Commissione peritale indipendente (CPI) istituita dal Consiglio federale. Le analisi – effettuate attraverso interviste biografiche – cercano di dare una spiegazione al divario fra le richieste finora presentate per un contributo di solidarietà di 25’000 franchi (ad oggi 4525) e il numero complessivo delle vittime, che è stimato a 12’000-15’000.

Stando ai ricercatori, arguire dal numero di domande che le vittime siano molto meno di quanto ipotizzato è senz’altro errato, si legge in un comunicato odierno alla stessa CPI. Contano invece altri fattori: molti sono deceduti o versano in pessime condizioni di salute; altri hanno imparato a stare alla larga dalle autorità per tutelarsi da nuove ingerenze e non vogliono perdere la loro autonomia e indipendenza; altri ancora si vergognano del loro status di vittime e temono una nuova stigmatizzazione; infine vi è chi non vuole effettuare il necessario lavoro di memoria, estremamente gravoso in termini emotivi, e – specialmente se in là con gli anni – desidera solo rimanere in pace.

I contributi di solidarietà sono finanziati principalmente dalla Confederazione. I Cantoni e terzi interessati possono partecipare a titolo volontario. Finora hanno deciso in tal senso otto Cantoni – Soletta, Appenzello Interno, Grigioni, Turgovia, Glarona, San Gallo, Obvaldo e Appenzello Esterno – e 20 Comuni.

I versamenti – i primi sono già stati approvati – sono previsti da una legge federale elaborata e adottata in tempi brevissimi negli ultimi anni. La normativa riconosce fra l’altro l’ingiustizia subita dalle vittime “che ha condizionato tutta la loro vita”. Al di là di ciò consente lo studio scientifico di questo “capitolo oscuro della storia sociale svizzera”, avevano affermato le autorità.

La legge impone anche un termine per la presentazione delle domande: è il 31 marzo 2018. Per i contributi il parlamento ha stanziato 300 milioni di franchi.

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