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Cina: ex presidente Interpol indagato per tangenti

L'ex capo dell'Interpol Meng Hongwei indagato in Cina per tangenti. KEYSTONE/AP/WONG MAYE-E sda-ats

(Keystone-ATS) Meng Hongwei, dimessosi ieri dalla presidenza dell’Interpol, è ufficialmente indagato in Cina per aver “intascato tangenti” e per essere sospettato di “aver violato le leggi” commettendo anche altri reati.

Lo annuncia una nota del ministero di Pubblica sicurezza di cui Meng era vice ministro dal 2004.

Meng Hongwei, 64 anni di cui 40 spesi nella “sicurezza”, è l’ultimo funzionario di alto livello caduto nella campagna anticorruzione e della percepita slealtà al Partito comunista. Di sicuro, visto il profilo internazionale e l’incarico di prestigio come primo cinese alla presidenza dell’Interpol, il caso ha destato molti dubbi: la “scomparsa” è stata segnalata dalla moglie, residente con i figli a Lione dove ha sede l’organizzazione che coordina la polizia di 192 Paesi, attivando in questo modo forze dell’ordine, magistratura e governo francesi.

Solo domenica notte, dopo le indiscrezioni sulla “presa in consegna” da parte delle autorità al suo arrivo a Pechino, una esplicita richiesta dell’Interpol sulla sorte del presidente e una conferenza stampa della moglie Grace, la Cina ha rotto il silenzio e annunciato che Meng era indagato per indefinite accuse di violazione delle leggi dalla Commissione nazionale di supervisione, l’agenzia di più alto livello anticorruzione.

Pechino ha respinto l’ipotesi che la vicenda potesse colpire l’immagine del Paese all’estero nella convinzione che, invece, dimostrasse il suo serio impegno nella lotta al malaffare. “Questo – ha detto il portavoce del ministero degli Esteri Lu Kang – ha dimostrato la decisa risoluzione del governo cinese nella stretta a corruzione e crimine”.

Per altro verso, il caso dimostra “che il Partito è fermo nella lotta alla corruzione e che ognuno può essere seriamente punito nel rispetto delle leggi in caso di violazione di legge”, ha notato Lu nella conferenza stampa quotidiana affollata, iniziata in ritardo e quasi tutta incentrata sulla vicenda Meng, da far scivolare in secondo piano la visita a Pechino del segretario di Stato Usa Mike Pompeo.

Il portavoce, tuttavia, non ha direttamente risposto alle questioni se Meng sarà arrestato o se gli sarà concessa l’assistenza di un legale o la possibilità di ricevere la visita della moglie, che ha lanciato un appello ai governi per azioni a tutela della sorte del marito. Anche quest’ultima mossa, inconsueta, contribuirà a tenere accesi i riflettori su una storia affatto chiara.

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