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Furto dati a SIC: informatico voleva vendere dati all’estero

Il processo si aprirà il prossimo 23 novembre a Bellinzona. KEYSTONE/TI-PRESS/GABRIELE PUTZU sda-ats

(Keystone-ATS) Le intenzioni dell’informatico arrestato nel 2012 per il furto di un enorme quantitativo di dati negli uffici del servizio segreto svizzero SIC sembrano ora chiare: l’uomo voleva vendere i dati all’estero, guadagnando fino a un milione di franchi.

È quanto afferma l’atto d’accusa del Ministero pubblico della Confederazione (MPC). Il documento, di cui riferisce oggi la “BernerZeitung” e del quale anche l’ats ha potuto procurarsi una copia, era stato depositato nell’ottobre 2015 presso il Tribunale penale federale (TPF): il processo nei confronti dell’uomo – un informatico scontento e con “problemi psichici” che ha sottratto dagli uffici del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC) dove lavorava diversi dischi rigidi con parecchi terabyte di dati ultrasensibili – si aprirà il prossimo 23 novembre a Bellinzona.

Stando al procuratore federale incaricato del caso, l’uomo aveva progettato di vendere le informazioni a “enti stranieri interessati” suddividendole in una decina di singoli “pacchetti” del valore di 100mila franchi l’uno. Per un guadagno complessivo quindi di circa un milione di franchi. Aveva già redatto e stampato due annunci di vendita in inglese. L’atto d’accusa non precisa se siano stati inviati a potenziali acquirenti. L’uomo, oggi 48enne, non aveva però avuto il tempo di mettere in atto il suo progetto.

L’informatico era infatti stato arrestato il 25 maggio 2012 su segnalazione dell’UBS: aveva tentato di aprire un conto cifrato presso una filiale bernese della banca e aveva suscitato i sospetti di un impiegato affermando di essere in attesa di versamenti di diverse centinaia di migliaia di franchi “per un’imminente vendita di dati”.

L’uomo aveva anche confidato all’impiegato dell’UBS “di avere accesso in qualità di informatico presso i servizi segreti a dati sensibili”, precisando che la transazione non sarebbe però stata ordinata dai suoi datori di lavoro. Il dipendente della banca aveva segnalato il caso e il SIC era stato allertato. Il servizio d’intelligence aveva attivato immediatamente la Procura federale che aveva proceduto a una perquisizione del domicilio dell’uomo e al successivo arresto.

Secondo il MPC, si è trattato di un “grave caso di spionaggio”: l’uomo avrebbe infatti copiato l’intero mail server del servizio segreto con i suoi allegati non criptati, comprendente i messaggi elettronici di tutti i dipendenti incluso il direttore e anche rapporti segreti dei servizi partner esteri.

Stando all’atto di accusa, ciò avrebbe avrebbe potuto mettere in pericolo la sicurezza interna ed esterna del Paese, quella dei dipendenti del SIC, dei loro partner e delle loro fonti. Particolarmente grave – secondo il MPC – è il fatto che la vendita dei dati avrebbe potuto portare alla scoperta degli informatori del servizio segreto elvetico, “mettendone a rischio l’incolumità fisica o addirittura la vita”.

L’uomo – accusato di spionaggio politico e tentata violazione del segreto d’ufficio – non ha mai confessato: per questa ragione è stato impossibile un patteggiamento in base alla procedura abbreviata prevista dal nuovo codice di diritto processuale. Ciò avrebbe consentito al SIC di evitare un processo regolare con il rischio di nuova pubblicità nei suoi confronti e di fughe di informazioni scottanti. L’informatico rischia una pena pecuniaria o una pena detentiva fino a tre anni.

La vicenda era emersa solo alla fine del settembre 2012, quando il Dipartimento della difesa e la Procura federale si erano visti costretti a rivelare i fatti, anticipando un articolo della SonntagsZeitung.

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