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NE: 12 anni a padre che cercò di assassinare figlia

(Keystone-ATS) NEUCHÂTEL – La Corte d’assise di Neuchâtel ha condannato a 12 anni di reclusione un padre per il mancato assassinio della figlia di 7 anni. Durante una lite con la moglie, l’uomo aveva gettato la ragazzina dal balcone del terzo piano.
Il fatto che la vittima sia ancora viva è un miracolo ed è indipendente dalla volontà dell’accusato, ha detto il presidente della Corte. I giudici hanno seguito le richieste del pubblico ministero che ieri aveva reclamato una pena di 13 anni di prigione.
La corte non ha però condannato l’uomo anche all’internamento, come aveva invece chiesto l’accusa. Il presidente ha relativizzato il rischio di recidiva sottolineato dal procuratore pubblico. A suo avviso le violenze sono avvenuto in un contesto ben preciso, che difficilmente si ripeterà.
In base alla sentenza, la flebile speranza che un giorno il padre possa riallacciare legami con la figlia deve essere tenuta in conto. Il rischio di nuove violenze sarebbe più elevato in caso se gli fossero negati i mezzi di reinserimento, sostiene la Corte.
“L’imputato ha fatto il necessario perché la figlia morisse”, ha dichiarato il procuratore nel corso della sua requisitoria, definendo irrazionale e deplorevole la tesi della difesa secondo cui la figlia di sette anni sarebbe saltata volontariamente dal balcone.
I fatti risalgono al giugno 2009. L’imputato, dopo aver picchiato la moglie con una spranga di ferro ferendola in modo grave, se l’era presa con la figlia. L’uomo ha trascinato la bimba sul balcone e l’ha fatta precipitare nel vuoto dicendole “stai per morire carina!”. Fortunatamente, la caduta è stata frenata da un tendone spiegato al 1. piano. L’impatto del corpo era pure stato attenuato da un boschetto situato davanti alla palazzina. Benché gravemente ferita, la bambina è sopravvissuta.
Ieri l’accusato aveva sostenuto che la figlia si è gettata dal balcone volontariamente. Le sue spiegazioni non hanno però convinto i giudici che hanno preferito la testimonianza della bambina. Quest’ultima al processo era assente ma era stata molto precisa nelle sue dichiarazioni. Due psicoterapeuti chiamati alla sbarra hanno giudicato convincenti le sue affermazioni.
Il movente del crimine è l’ego sovradimensionato dell’uomo, irritato dalla decisione della moglie di divorziare. Per le violenze inflitte alla moglie, la Corte ha riconosciuto l’uomo colpevole di tentato omicidio con dolo eventuale. L’imputato dovrà inoltre versare alla figlia un’indennità di 60’000 franchi per torto morale e alla moglie altri 20’000 franchi.

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