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Omicidio terapeuta: in attesa estradizione monta polemica

(Keystone-ATS) Si trova in carcere a Stettino (Polonia) in attesa della domanda di estradizione Fabrice A., lo stupratore che il 12 settembre ha verosimilmente ucciso una socioterapeuta nei pressi di Ginevra. E mentre emergono particolari sulle modalità del suo arresto dopo una fuga durata più di tre giorni monta la polemica sia sull'”industria della terapia” – così la chiama un noto criminologo – sia sull’opportunità di affidare l’inchiesta amministrativa a Ginevra a un ex consigliere di Stato che non appare al di sopra delle parti.

Fabrice A. viene al momento interrogato in carcere. L’uomo appare in condizioni fisiche e psichiche normali, ha fatto sapere un portavoce della polizia polacca. Da parte sua il ministero pubblico ginevrino ha indicato che ci vorranno giorni per trasmettere la domanda di estradizione, che dovrà passare attraverso l’Ufficio federale di giustizia (UFG). La collaborazione fra Berna e Varsavia è buona, sottolinea l’UFG. Ma prima di vedere l’ex fuggitivo in Svizzera ci vorrà del tempo: da parte polacca si parla di un periodo che potrebbe arrivare a tre-quattro mesi. Nel frattempo è probabile che agenti ginevrini si rechino in Polonia.

Intanto si sa qualcosa di più sulla dinamica del fermo. La polizia tedesca – che l’ha effettuato – aveva ricevuto segnalazioni relative ai possibili movimenti del 39enne vicino al confine con la Polonia. L’intervento non è stato frutto del caso, ha osservato all’ats una portavoce della Bundespolizei. Una pattuglia ha riconosciuto l’auto con targhe ginevrine nel traffico e l’ha seguita – a normale velocità – sino al villaggio polacco di Kolbaskowo, per poi fermarla. L’uomo al volante non ha opposto resistenza. La presunta arma del delitto è stata trovata nello zainetto.

Stando a “Le Matin” si tratterebbe di un coltello a lama estraibile, acquistato con l’autorizzazione delle autorità il giorno del delitto alle 11.00 a Ginevra. Nel negozio Fabrice A. era stato accompagnato da Adeline M.: è l’ultima volta che la 34enne è stata vista viva. Sempre secondo il quotidiano romando il fuggitivo assomiglia peraltro poco alla foto segnaletica che risale a più di cinque anni or sono, perché da allora il detenuto è ingrassato e ha cambiato modello di occhiali. Un elemento che sui siti online svizzeri ha subito provocato polemiche, anche in relazione con la prassi restrittiva in uso sulle foto passaporto dei comuni cittadini. E che si aggiunge agli interrogativi riguardo ai tempi dell’allarme, giunto giovedì solo intorno alle 18.00, molte ore dopo il momento in cui il detenuto e la sua accompagnatrice avrebbero dovuto presentarsi al maneggio di Bellevue (GE), meta della “uscita educativa autorizzata”.

“Le Matin” ha interrogato l’ex procuratore di Ginevra Daniel Zappelli che parla di una vicenda mostruosa, tanto più che sarebbe stato possibile evitarla. Nel 2003, in seguito all’evasione di un delinquente sessuale da La Pâquerette, Zappelli aveva vietato tutte le uscite di detenuti senza la presenza di un poliziotto. “Avevo anche proibito che i prigionieri avessero soldi in tasca e telefono”. Ma nel 2010 il Tribunale amministrativo di Ginevra aveva dichiarato illegale questa prassi in seguito a un ricorso presentato da un cittadino ceceno condannato per l’omicidio di un omosessuale.

“Deploro profondamente questa decisione e penso che si dovrà essere estremamente prudenti con Curabilis, il futuro centro con 92 posti per i detenuti romandi che soffrono di turbe mentali. I rischi per la popolazione ginevrina saranno decuplicati, se sarà mantenuto il sistema in cui si lascia un agnello ad accompagnare i lupi”, conclude Zappelli.

In merito è giunto oggi anche l’affondo di Martin Killias, professore di diritto penale che da decenni si occupa di questi temi. “Il dramma è che l’industria dei terapeuti – la chiamo così – ha un potere enorme anche sul mondo politico, che è sotto la sua influenza: essa non ha alcun interesse a una valutazione che potrebbe mostrare come il suo approccio possa fallire”, ha affermato Killias in un’intervista alla radio RTS.

Ma La Pâquerette – il centro annesso alla prigione di Champ-Dollon che ospitava Fabrice A. – non viene sempre lodato dalle autorità e descritto come una struttura di successo? “In realtà non vi è alcun bilancio” della sua attività, “questa è la realtà”, risponde Killias, che dice di essersi più volte rivolto ai responsabili auspicando una valutazione del valore svolto. Si tratterebbe secondo il criminologo di confrontare un gruppo di detenuti sottoposto a terapia con un altro di controllo che non viene seguito nello stesso modo.

In Svizzera – ma anche nel resto dell’Europa – questo tipo di lavoro non viene fatto. Eppure le poche ricerche condotte hanno mostrato che vi sono terapie che sono nocive, oppure dall’impatto praticamente nullo.

In Germania uno studio sulla socioterapia ha mostrato che gli interventi hanno diminuito solo del 4% il tasso di recidiva, mentre a Lenzburg (AG) si è addirittura visto che il gruppo sottoposto a terapia si è mostrato più recidivo di quello non seguito. Ma dal momento in cui sono giunti i primi risultati negativi la valutazione è stata interrotta. “Non si vuole sapere”, è la sintesi di Killias.

Dubbi riguardo alla volontà di far luce su quanto successo vengono intanto espressi a livello politico. A Ginevra sia il Mouvement citoyens genevois (MCG), sia l’UDC hanno criticato il fatto che la commissione di inchiesta amministrativa che indaga sull’assassinio della terapeuta venga presieduta dall’ex consigliere di Stato socialista Bernard Ziegler, che era alla testa del Dipartimento di giustizia e polizia quando nel 1986 è stata creata la struttura di La Pâquerette. Ziegler non disporrebbe dell’obiettività necessaria per adempiere al suo compito: l’MCG auspica una personalità neutrale e libera da tutti gli influssi, mentre l’UDC chiede che venga chiamato qualcuno da fuori cantone, come successo in casi analoghi avvenuti in altri cantoni.

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