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A Gaza ancora raid, migliaia verso i campi profughi

Keystone-SDA

In migliaia camminano lenti, in una nuvola sudicia di polvere e fumo acre che si leva dai detriti dei raid notturni. Da Khan Younis, nel sud di Gaza, si avviano verso occidente, al campo profughi di al Mawasi.

(Keystone-ATS) Ma non sono convinti, dall’accampamento dicono che è già tutto pieno, non c’è posto per nessuno. Qualcuno risponde direttamente al messaggio di evacuazione dell’IDF, facendo domande: “Siete sicuri che il mio quartiere sarà colpito? La destinazione è sicura?”. Gli sfollati si sentono senza una via, “l’evacuazione non ha una destinazione garantita”, scrivono su una chat locale, “vogliono spingerci al largo”. La disperazione prende corpo anche tra i più rassegnati.

Nel pomeriggio di martedì la gente ancora rimasta a Khan Younis, soprattutto giovani uomini e ragazzi, raggiungono le macerie di quella che era stata la casa di Yahya e Muhammed Sinwar, e gridano contro Hamas, “non vogliamo essere sacrificati”, “vogliamo vivere”, per il secondo giorno consecutivo, dopo settimane di silenzio. I filmati postati sui social e rilanciati dai palestinesi di Gaza che vivono all’estero sono accompagnati da commenti di odio feroce verso quelli che “hanno provocato la distruzione della Striscia e della sua gente”.

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Migliaia di donne uccise

L’ONU stima che oltre 28’000 donne e ragazze siano state uccise nell’enclave dall’inizio della guerra: “Tra le vittime, migliaia erano madri, che hanno lasciato bambini, famiglie e comunità devastate”, riferisce una nota di Un Women. Ma sono numeri che gli operatori delle Nazioni Unite non hanno potuto verificare sul terreno, i dati vengono forniti direttamente dall’amministrazione di Gaza. Numeri impossibili da accertare autonomamente negli ospedali della Striscia ancora agibili dove arrivano le vittime dei raid. O durante la sepoltura nei cimiteri, dove viene fatto posto quotidianamente. E sempre l’ONU lancia l’ennesimo disperato appello: serve con urgenza un flusso massiccio di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza altrimenti – spiega il diplomatico britannico Tom Fletcher, vicesegretario generale dell’ONU e coordinatore delle missioni di soccorso di emergenza nel mondo – altri “14’000 bebè” palestinesi potranno morire già nelle prossime 48 ore.

Vietato l’ingresso ai media

Israele intanto continua a vietare l’ingresso a Gaza ai media internazionali, impedendo di vedere direttamente lo scenario che solo i social locali mostrano senza filtri. Nel frattempo, l’anello di fuoco creato dagli attacchi dell’IDF, soprattutto durante la notte, avrebbe provocato 73 morti, secondo al Jazeera. Altre fonti dall’enclave riportano un bilancio che va da 20 a 40 vittime. Ma il numero dei morti “della guerra è irrilevante”, ha dichiarato un alto funzionario di Hamas, Sami Abu Zuhri, in un’intervista rilasciata a marzo a una TV libica e rimbalzata a Gaza solo adesso. “I morti saranno sostituiti dalle nascite: al posto di ogni cadavere le nostre donne daranno alla luce molti più martiri. Sapete che durante la guerra sono nati 50mila bambini?”, ha detto. Le parole di Abu Zuhri, che vive in Qatar, hanno provocato un’ondata di rabbia e indignazione tra la popolazione di Gaza: “Siamo solo carburante per le loro guerre”, hanno scritto gli utenti.

Quasi cento camion con aiuti

In serata il Coordinatore delle attività nei territori (Cogat) ha annunciato che martedì 93 camion con aiuti umanitari sono entrati nella Striscia attraverso il valico di Kerem Shalom: hanno portato “farina per panifici, cibo per neonati, attrezzature mediche e farmaci”. Non ci sono informazioni su come gli aiuti raggiungeranno la popolazione che si trova in zone di Gaza distanti dal luogo di consegna. Il primo ministro israeliano nel mentre ha fatto sapere che il team negoziale ha lasciato Doha: “Hamas ha rifiutato il piano Witkoff”. Resta in Qatar la delegazione tecnica. Esile speranza che i colloqui su tregua e rilascio degli ostaggi possano ripartire.

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