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Ats: falliti negoziati su ristrutturazione

Manifestazione a Berna dei giornalisti dell'Ats il 30 gennaio scorso, in occasione dello sciopero. Keystone/ANTHONY ANEX sda-ats

(Keystone-ATS) Sono falliti i negoziati tra il personale e il consiglio d’amministrazione (cda) dell’Agenzia telegrafica svizzera (Ats).

Erano stati avviati la settimana scorsa, dopo uno sciopero di quattro giorni seguito in modo compatto dai giornalisti dell’agenzia di stampa nazionale tra fine gennaio e inizio febbraio.

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Dopo quattro incontri tra delegazioni del cda e della Commissione di redazione (CoRe) dell’Ats, in particolare sulla questione del piano sociale, la palla potrebbe ora passare all’organo di conciliazione della Segreteria di Stato dell’economia (SECO).

Un ultimo round di negoziati tra le parti sociali si è svolto stamane, ma non è stato possibile superare le divergenze sulla ristrutturazione, che prevede la soppressione di 35,6 posti di giornalisti a tempo pieno su 150, tra licenziamenti e riduzioni del tempo di lavoro.

In un comunicato, il cda afferma di aver previsto un piano sociale “generoso”, che è stato ancora “nettamente migliorato durante i negoziati”. Esso aggiunge di aver pure incluso “buone soluzioni” per i 12 dipendenti per i quali è stato disposto il “pensionamento anticipato” (in realtà si tratta di licenziamenti e messa in disoccupazione, alleviati dal suddetto piano sociale) e per gli otto “licenziati senza soluzione di continuità”.

Il cda rileva che il piano sociale “raggiunge ormai i 2,5 milioni di franchi” e che è stato evocato nelle trattative un fondo di 100’000 franchi per i “casi di rigore”, ossia per le persone nelle condizioni più precarie.

Il consiglio d’amministrazione rammenta di aver già deciso venerdì di ricorrere alla conciliazione della SECO. Con questo ricorso – sostiene – “una ripresa dello sciopero – movimento che è stato sospeso – è vietato. Con questo passo presso la SECO, la pace del lavoro deve infatti essere rispettata”.

A questo proposito, la “Legge federale concernente l’Ufficio federale di conciliazione incaricato di comporre i conflitti del lavoro” precisa che tale ufficio “è istituito soltanto a richiesta degli interessati” (art. 1,3) e aggiunge (art. 6,1): “L’obbligo di mantenere la pace nasce nel momento in cui l’istituzione dell’Ufficio di conciliazione o dell’Ufficio d’arbitrato è comunicata alle parti e dura quarantacinque giorni”.

Il sindacato dei media Syndicom e l’associazione nazionale dei giornalisti Impressum, che hanno preso parte ai negoziati, scrivono in una nota che il cda non ha tenuto conto delle più importanti rivendicazioni della redazione e rileva che esso si è rivolto “in modo unilaterale” all’Ufficio federale di conciliazione.

Una conciliazione tramite la SECO – aggiunge il comunicato – “può funzionare” solo se i licenziamenti sono sospesi. “Tocca ora alla redazione – prosegue la nota – “giudicare se vuole o no una mediazione esterna e decidere del seguito della sua azione. Un’assemblea di redazione si terrà prossimamente a questo scopo”.

Le rivendicazioni portate avanti dalla CoRe, riassunte nel comunicato, rimangono queste: una riduzione delle misure di ristrutturazione “basata su una strategia redazionale sviluppata congiuntamente”; la sospensione di tali misure e di tutti i licenziamenti fino a quando non vi sarà una strategia redazionale; un piano sociale che offra “condizioni eque in particolare alle persone vicine al pensionamento”; il riconoscimento del carattere di servizio pubblico, “che deve continuare a figurare nelle linee direttive dell’agenzia” e la copertura “attraverso le riserve dell’Ats (oltre 16 milioni)” del deficit, “causato dalla pressione sui prezzi degli editori” che sono anche proprietari dell’Ats oltre ad esserne i clienti.

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