Birmania: Aung San Suu Kyi altra condanna a 4 anni di carcere

(Keystone-ATS) L’ex leader civile della Birmania, Aung San Suu Kyi, è stata condannata a quattro anni di carcere in una parte del processo a suo carico al termine del quale rischia decenni di detenzione.
Quattro anni di carcere per importazione illegale di walkie-talkie. Ha il sapore della beffa la nuova condanna per Aung Sang Suu Kyi, già agli arresti domiciliari dopo un altro processo farsa, quello di dicembre in cui era stata condannata a quattro anni, poi ridotti a due, per violazione delle restrizioni contro il Covid.
Per ora Suu Kyi resterà ai domiciliari, ha precisato il generale Zaw Min Tun, uno dei portavoce della giunta militare che il primo febbraio 2021 ha preso il potere in Birmania con un colpo di stato. Ma è evidente che l’obiettivo dei militari è quello di liberarsi definitivamente del premio Nobel per la pace, 76 anni, spedendola definitivamente in carcere.
La condanna di oggi arriva al termine di uno dei tronconi di un processo molto più ampio che la vede accusata di sedizione, corruzione, frode elettorale e incitamento alla rivolta: reati per i quali il carcere a vita è una possibilità tutt’altro che remota. E dopo i quasi 15 anni di detenzione tra il 1989 e il 2010, per l’icona della democrazia birmana si apre un altro buco nero.
Si tratta di un “processo politico”, ha denunciato il comitato norvegese per i Nobel, dicendosi “profondamente inquieto per la situazione”. “Tutti sanno che le accuse sono false” e che “i militari utilizzano la tattica della paura per tenerla in detenzione arbitraria”, afferma a sua volta l’ong Human Rights Whatch.
Nessuno ha più visto l’ex leader dal giorno del suo arresto a seguito del golpe da parte delle forze guidate dal capo dell’esercito, il generale Min Aung Hlaing, né sono state diffuse foto o video. Il processo si svolge a porte chiuse davanti ad un tribunale creato ad hoc nella capitale Naypyidaw e ai suoi avvocati non è consentito alcun contatto con i media o con il pubblico.
Alla sbarra c’è anche uno dei fedelissimi di Suu Kyi, l’ex presidente della Repubblica Win Myint, arrestato anche lui il giorno del colpo di stato. Altri dirigenti del partito della ex leader, la Lega Nazionale per la democrazia, sono stati condannati a pene pesanti: 75 anni per un ex ministro, 20 anni per un suo collaboratore. Molti sono fuggiti all’estero o sono entrati in clandestinità.
All’indomani del colpo di stato la repressione è stata durissima: si calcolano in oltre 10’600 le persone arrestate dalla giunta, più di 1300 gli uccisi nel corso delle proteste contro il regime che non cessano nonostante la repressione e hanno precipitato la Birmania in una situazione di instabilità permanente oltre che in una grave crisi economica.