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Breivik chiede la libertà condizionale a 10 anni da Utoya

Anders Behring Breivik durante l'udienza per la libertà condizionata KEYSTONE/EPA/Ole Berg-Rusten / POOL sda-ats

(Keystone-ATS) Testa rasata, giacca e cravatta e saluto nazista. L’attentatore di estrema destra Anders Behring Breivik ha approfittato per l’ennesima volta di un’udienza per esprimere ancora i suoi deliri, trasformare il processo in uno show e soprattutto far parlare di sé.

Stavolta, in mano, sulla giacca e su una 24 ore, aveva tre cartelli, tutti con la stessa scritta in inglese: “Cessate il vostro genocidio conto le nostre nazioni bianche”.

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L’occasione era la richiesta di libertà condizionale, davanti a tre giudici in collegamento con la palestra del carcere di Skien dove Breivik è detenuto. La sentenza è attesa non prima di giovedì, ma le chance che la domanda venga accolta sono remote, in un Paese che ha a cuore lo stato di diritto ma che non assisteva a un livello così estremo di violenza dalla Seconda Guerra Mondiale.

Il 22 luglio 2011, il neonazista fece prima esplodere una bomba vicino alla sede del governo a Oslo, uccidendo otto persone, poi ne sterminò altre 69, per lo più adolescenti, aprendo il fuoco su un campo estivo dei giovani laburisti sull’isola di Utoya. Ma Breivik non si è mai pentito, pur sostenendo che la violenza fa ormai parte del suo passato: anche stavolta ha interrotto la procuratrice, Hulda Karlsdottir – che stava elencando la lunga lista di vittime e delle circostanze in cui sono morte – sentendo il bisogno di sottolineare, quasi a giustificarsi che “il 72% di loro erano quadri del partito laburista”. Nel corso degli anni, l’ormai 42enne, che in prigione vive in tre celle con tv e dvd, videogiochi e una macchina da scrivere, ha ammesso soltanto di essersi fatto “radicalizzare” da terzi e di essere stato solo un burattino del movimento neonazi Sangue & Onore, cui ha imputato la reale responsabilità degli attacchi.

I sopravvissuti e i familiari delle vittime temevano nuove provocazioni da Anders Breivik, che puntualmente si sono verificate, e hanno criticato l’attenzione mediatica che è gli viene dedicata a ogni sua apparizione. “Breivik non dovrebbe andare in tv non perché sia scandaloso o doloroso, ma perché è il simbolo di un’estrema destra che ha già ispirato diverse altre uccisioni di massa”, ha scritto su Twitter la sopravvissuta Elin L’Estrange. A Breivik, infatti, si ispirò tra gli altri anche l’attentatore di Christchurch, in Nuova Zelanda, che il 15 marzo 2019 uccise 51 persone sparando all’impazzata in due moschee durante il venerdì di preghiera.

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