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Umanizzare i testi per nascondere l’uso dell’IA

Persona al PC
Con la diffusione dell'uso dell'IA, il corpo docente deve ripensare i metodi di valutazione keystone

Degli strumenti permettono di mascherare l’uso dell’intelligenza artificiale per redigere i testi, complicando il lavoro dei professori.

Oltre alla sua penna, per correggere i testi degli studenti, Igor Sekulic, insegnante in un liceo friburghese, utilizza un software per rilevare l’uso dell’intelligenza artificiale per assicurarsi che siano veramente frutto del loro lavoro.

“Il semestre scorso era molto efficace ma, con mia grande sorpresa, questo semestre la percentuale di uso dell’IA è scesa a un livello estremamente basso, praticamente insignificante” spiega il professore ai microfoni della RTSCollegamento esterno.

Sono infatti apparsi nuovi strumenti, chiamati “umanizzatori”, che permettono di trasformare un testo generato in uno più umano, in cui non è più possibile rivelare l’intervento dell’IA. Degli strumenti disponibili anche sui grandi chatbot, come ChatGPT.

L’IA nascosta nel lavoro degli studenti (19h30, RTS, 08.06.2025)

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“Le prime generazioni di intelligenze artificiali erano addestrate su un insieme di testi piuttosto neutri, di tipo enciclopedico”, spiega il ricercatore Jean Hennebert. “Ora non è più così. Le IA iniziano a essere addestrate su conversazioni umane, sulle nostre conversazioni. Quando si usa ChatGPT, si conversa con lui e il sistema utilizza le nostre conversazioni per riaddestrarsi”.

Questi “umanizzatori” sono utilizzati anche all’università. “Molti usano questi strumenti alla fine dei lavori per avere una sorta di revisione, per valutare la qualità del lavoro”, riconosce uno studente. “È vero che si può configurare abbastanza bene in modo da evitare che si capisca che è IA”, aggiunge un altro.

Dal lato del corpo docente, mentre l’IA diventa sempre più performante, è necessario ripensare i metodi di valutazione: “Possiamo comunque verificare che lo studente abbia acquisito le competenze e le conoscenze previste rafforzando la parte orale nei lavori”, sottolinea Fabian Simillion, preside del Collège du Sud a Bulle.

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Anche i contenuti dei corsi devono essere ripensati: “Cosa vogliamo imparare e insegnare nell’era dell’intelligenza artificiale? Quali competenze restano pertinenti e quali diventano obsolete?”, si chiede Christiane Caneva, responsabile del Servizio di didattica dell’Università di Friburgo. “Ci poniamo tutte queste domande e, in alcuni casi, è necessario rivedere i corsi da cima a fondo”.

Una sfida importante, indispensabile per formare correttamente le generazioni future.

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