Kenyatta all’Aja, primo capo stato alla sbarra al Cpi
(Keystone-ATS) Il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, è il primo capo di Stato, e per di più in carica, a comparire davanti alla Corte penale internazionale (Cpi), dove è chiamato oggi a difendersi dall’accusa di crimini di contro l’umanità.
Obiettivo dei giudici dell’Aja è provare la sua responsabilità nelle terribili violenze post-elettorali in Kenya che, tra la fine del 2007 e l’inizio del 2008, provocarono oltre 1.000 morti e circa 600 mila profughi.
In abito grigio scuro, cravatta blu e una camicia leggera, Uhuru Kenyatta ha partecipato all’udienza sotto gli occhi di decine di suoi sostenitori presenti in tribuna separata dall’aula da un vetro insonorizzato. Tra loro anche parlamentari e esponenti del suo governo. Oltre a loro, c’erano tantissimi altri suoi partigiani fuori dal Tribunale.
Si tratta di un dibattimento che va avanti da anni, lungo e difficile, e che oggi è entrato subito nel vivo. Da un lato la difesa del presidente, che ha chiesto l’archiviazione del procedimento per insufficienza di prove. Dall’altro, l’accusa, che, pur ammettendo di non avere al momento riscontri oggettivi, ha ribattuto che Nairobi, il governo keniano e la sua burocrazia, non stanno cooperando all’inchiesta e che i testimoni hanno ritrattato ogni loro deposizione dopo essere stati intimiditi.
Kenyatta deve rispondere di cinque imputazioni per massacri di carattere etnico nella peggiore esplosione di violenza in Kenya dall’indipendenza, che risale al 1963. Kenyatta nel dicembre 2007 sosteneva il candidato presidenziale, Mwai Kibaki, che uscì vincitore dalle urne, malgrado la contestazione del risultato da parte del rivale, Raila Odinga.
L’accusa di frodi mossa da Odinga innescò le violenze, che acquistarono subito un carattere etnico. Kenyatta è accusato d’aver organizzato bande armate di etnia Kikuyu, quella sua e di Kibaki, contro i rivali.
Kenyatta era già apparso una volta dinanzi al Tribunale dell’Aja, ma prima della sua elezione nel marzo 2013. La sua convocazione ha subito molteplici rinvii sino all’udienza di oggi. Stavolta, il leader keniota ha fatto sapere di essersi presentato come privato cittadino e viaggiando a proprie spese.