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La diplomazia scientifica svizzera salpa per la salvaguardia dei coralli

Coralli e pesci
I coralli sono alla base dell'ecosistema del "reef". Se muoiono, lo stesso destino toccherà anche alle altre specie viventi. EPFL/Maoz Fine

Cosa rende i coralli del Golfo di Aqaba resistenti all'innalzamento delle temperature? E come salvaguardarli? Un progetto scientifico e diplomatico elvetico intende scoprirlo facendo collaborare i Paesi nella ragione. La missione "salperà" il prossimo 15 luglio*.

Nick (nome reale noto alla redazione) è un polipo. Assieme a una miriade di suoi fratelli, ha costruito una struttura in carbonato di calcio di cui va particolarmente fiero. Nick, però, ha un problema: ha fame.

Da qualche tempo fa caldo, molto caldo. Questo lo ha stressato, si è innervosito e ha litigato con le sue zooxantelle, le alghe unicellulari con cui viveva in simbiosi. Senza troppe cerimonie l’hanno abbandonato, lasciandolo impallidito e, soprattutto, affamato. Se le sue zooxantelle non torneranno, il polipo non riuscirà a sopravvivere a lungo.

La situazione di Nick, fiero operaio costruttore di barriere coralline, non è un caso isolato. Il fenomeno dello sbiancamento dei coralli è uno degli effetti più evidenti e devastanti del riscaldamento climatico.

Se la temperatura dell’acqua si alza, anche di due gradi celsius, la simbiosi tra il corallo e le alghe che lo nutrono e gli danno colore si spezza. Il corallo sbianca e, se la situazione persiste, muore. 

Per questa ragione (ma anche a causa di inquinamento, pesca eccessiva o semplice danneggiamento fisico) negli ultimi 30 anni è stata persa la metà delle barriere coralline rispetto all’epoca preindustriale. Gli scienziati ritengono che entro il 2050 resterà solo il 10% di questo ecosistema, uno degli scrigni di biodiversità più preziosi del pianeta.

Super-coralli

C’è un luogo, però, dove la relazione simbiotica tra i costruttori di coralli come Nick e le alghe unicellulari che gli danno sostentamento sembra resistere particolarmente bene all’aumento di temperatura: il Golfo di Aqaba. 

Quattro anni fa, uno studio ha dimostratoCollegamento esterno che i coralli di questo angolo di Mar Rosso non si sbiancano neanche se la temperatura si alza di cinque gradi celsius.

“Potrebbe essere uno degli ultimi ‘reef’ ancora vivi alla fine del secolo”, spiega Anders Meibom, scienziato danese direttore del laboratorio di geochimica biologica del Politecnico federale di Losanna (EPFL), uno degli autori dello studio.

Nel 2017, Meibom aveva lanciato un appello, chiedendo che questo ultimo “rifugio” per i coralli venisse studiato più a fondo e che i governi dei Paesi che si affacciano sul golfo cooperino per salvaguardarlo.

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo non solo il mare, ma anche la geopolitica.

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Cooperazione internazionale

I Paesi che si affacciano sul Golfo di Aqaba (Giordania, Israele, Egitto e Arabia Saudita) e sul Mar Rosso in generale, non hanno sempre relazioni idilliache tra di loro. E qui entra in gioco la Svizzera.

In seno all’EPFL, nel 2019 è stato creato il Centro di ricerca transnazionale del Mar Rosso (Transnational Red Sea CenterCollegamento esterno, TRSC), guidato dal professor Meibom, il cui scopo è appunto quello di studiare e salvaguardare i coralli del Golfo di Aqaba. 

Il progetto unisce scienza e diplomazia. Il Dipartimento degli affari esteri elvetico (DFAE) sta usando gli strumenti diplomatici a sua disposizione per convincere tutti i Paesi bagnati dal Mar Rosso a cooperare.

“In Svizzera, la cultura dei buoni uffici e una politica di pace attiva si combinano con un mondo accademico di alto livello”, spiega a SWI swissinfo.ch Lukas Gasser, ambasciatore della Confederazione in Giordania. Secondo il diplomatico, queste caratteristiche della Svizzera si adattano molto bene al contesto del Mar Rosso, dove la protezione di un ecosistema marino unico al mondo dipende dalla cooperazione tra Paesi che “hanno vissuto relazioni abbastanza conflittuali negli ultimi decenni”.

 “La Giordania ha risposto rapidamente e con entusiasmo”, aggiunge l’ambasciatore. “Siamo in contatto anche con tutti gli altri Paesi della regione, i quali hanno accolto la nostra iniziativa con interesse. C’è ancora del lavoro di persuasione da fare, ma speriamo di poterli convincere tutti. Si tratta di un’occasione di importanza globale che la regione del Mar Rosso non può permettersi di perdere”.

Una ciurma variegata

Alla fine di giugno, una cerimonia tenutasi ad Aqaba ha segnato l’inizio vero e proprio della missione scientifica e la partecipazione della Giordania.

Il 15 di luglio, un vecchio veliero dragamine costruito a Brema durante la Seconda guerra mondiale salperà da Aqaba. La sua missione è però ben diversa da quella per cui è stato costruito. A bordo non salirà la marina tedesca, ma un team internazionale di scienziati.

L’imbarcazione, ribattezzata “Fleur de Passion”, è la base logistica del TRSC. Permetterà di studiare i super-coralli del Golfo di Aqaba, e non solo: il progetto intende gettare il seme di una collaborazione transnazionale nella regione e stabilire una rete formativa per giovani scienziati.

Veliero
Il “Fleur de Passion” è stato messo a disposizione dalla Fondation Pacifique di Ginevra, della cui flotta fa parte dal 2009. Veliero dragamine di tipo Kriegsfischkutter (KFK) costruito nel 1941 è stato ceduto alla Francia nel 1945, poi disarmato e trasformato in un ketch per uso privato nel 1976. Dal 1980 ha accolto progetti scientifici francesi. Oggi è la base logistica del progetto del TRSC. Transnational Red Sea Center/Fabiano D’Amato

Al momento sono previste quattro spedizioni della durata di tre mesi nel periodo più caldo (luglio-settembre), una volta all’anno fino al 2024. Il primo equipaggio sarà formato da ricercatori provenienti da Svizzera, Francia, Israele, Regno Unito e Sudan.   

Senza precedenti

Nello specifico, i ricercatori effettueranno analisi genetiche dei coralli, ne determineranno la resilienza termica e analizzeranno la qualità dell’acqua lungo tutto il Mar Rosso (presenza di microplastiche, metalli e altri inquinanti organici).

La portata del progetto è senza precedenti. Gli studi effettuati nella regione fino a oggi si sono limitati a analizzare aree molto ristrette con metodologie diverse. Sono dunque difficilmente confrontabili.

L’ambizione del TRSC è quella di generare un set di dati coerenti che possano fungere da standard di riferimento per i prossimi studi sull’ecosistema del Mar Rosso. I risultati, infatti, saranno messi a disposizione della comunità scientifica e potranno essere utilizzati per valutare l’impatto ambientale di progetti futuri o già in corso di realizzazione nella regione.

“Il Mar Rosso è piccolo e il Golfo di Aqaba lo è ancora di più. Qualsiasi forma di inquinamento si diffonderebbe in fretta, senza riconoscere nessun confine nazionale e ucciderebbe i coralli indiscriminatamente”, mette in guardia il prof. Meibom, che aggiunge: “I coralli di Aqaba rappresentano l’ultima possibilità per l’umanità di preservare le barriere coralline per le generazioni future, ma questo richiede uno sforzo strategico a livello regionale e transnazionale”.

Insomma, forse non è troppo tardi per Nick il polipo. I suoi simili nel Mar Rosso potrebbero fornire preziose informazioni per far sì che le grandi barriere coralline non diventino solo un ricordo.  Vanno però difesi da inquinamento e distruzione. Se i nostri pronipoti riusciranno ancora ad ammirare questo spettacolo della natura il merito potrebbe essere, almeno in parte, della diplomazia svizzera.      

*Aggiornamento: La partenza del veliero Fleur de Passion da Aqaba è stata anticipata al 13 luglio.

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