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Liechtenstein: votanti rifiutano di legalizzare l’aborto

(Keystone-ATS) I cittadini del Liechtenstein hanno rifiutato oggi di legalizzare l’aborto, appoggiando il principe Alois che si era decisamente schierato contro le interruzioni della gravidanza. Il Principato ha respinto l’iniziativa legislativa “Aiuto invece di punizione” con il 52,3% di ‘no’.

Il testo sottoposto al popolo esigeva la depenalizzazione dell’interruzione della gravidanza durante le prime 12 settimane, con una modifica in tal senso del codice penale. Chiedeva anche il diritto di abortire dopo questo termine se il feto presenta un grave pericolo di handicap fisico o mentale. Attualmente nel Principato l’aborto è punibile con una pena fino ad un anno di detenzione, anche se avvenuto all’estero. Da anni comunque nessuno è stato condannato.

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In Parlamento solo una minoranza aveva accettato l’iniziativa. In agosto, il principe ereditario Alois si era espresso in termini perentori contro la modifica e aveva assicurato che fosse stata accolta dal popolo lui l’avrebbe comunque rifiutata. Nel Liechtenstein una legge può entrare in vigore solo con l’accordo del principe o di un suo rappresentante. Le sue dichiarazioni avevano provocato la collera del “Movimento democratico” per il quale la votazione era dunque solo una “farsa”.

Tra gli oppositori vi era anche la Chiesa. In occasione della festa nazionale, l’arcivescovo di Vaduz Wolfgang Haas si era persino rifiutato di officiare la messa per protestare contro il matrimonio omosessuale, l’aborto e la separazione Stato-Chiesa.

Ora che l’iniziativa è stata respinta i due partiti di governo Unione patriottica e Partito borghese progressista hanno annunciato che proporranno una modifica del Codice penale. L’aborto sarà vietato, ma non più punibile penalmente se praticato all’estero.

Secondo stime, una cinquantina di donne del Liechtenstein abortiscono ogni anno all’estero, soprattutto a Coira e San Gallo. Quello dell’aborto è in secondo tema sensibile sottoposto di recente al popolo del Principato cattolico: in giugno i cittadini si erano infatti dovuti esprimere sull’unione registrata di coppie omosessuali. In quell’occasione i “sì” avevano raggiunto il 68,8%, la partecipazione il 74,2%. La relativa legge, contro la quale era stato lanciato un referendum, era stata adottata all’unanimità dal parlamento alla metà di marzo.

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