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Per Prevost oltre 100 voti, cresciuto nelle congregazioni

Keystone-SDA

Oltre i retroscena, le vulgate, le delusioni e anche le "zampate", come si siano svolti i giochi durante il conclave che ha portato all'elezione di Leone XIV lo ha raccontato con molta franchezza Timothy Dolan.

(Keystone-ATS) “All’inizio nessuno credeva in un Papa americano, e invece…Prevost è cresciuto di giorno in giorno”, ha detto l’arcivescovo di New York. C’è una certa voglia di rivendicare una bandiera nazionale, nelle parole del cardinale vicino al presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Ma allo stesso tempo fa sentire la sua voce anche un altro king maker che si era un po’ appannato nel corso delle congregazioni, il cardinale gesuita lussemburghese Jean-Claude Hollerich, che inizialmente sponsorizzava il maltese Mario Grech: “Non abbiamo eletto un Papa anti-Trump – dice ad Avvenire -. Abbiamo scelto un uomo di preghiera, un discepolo di Gesù, un timoniere che sappia guidare la Chiesa fra le onde della storia. Il fatto che sia un cittadino americano è una coincidenza”. Anche perché, chiosa il cardinale, “Donald Trump passerà, mentre il pontificato di Leone XIV durerà a lungo”.

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Ed è in effetti questa la chiave di interpretazione: nel conclave non si è probabilmente guardato alle influenze del momento e ai leader politici di oggi. Semmai, ad alleanze che attraversano la storia.

Un’interpretazione a cui si allinea subito il grande sconfitto del conclave, quello che i bookmaker davano per favorito prima che si chiudessero le porte della Cappella Sistina, il cardinale vicentino Pietro Parolin, che continuerà molto probabilmente come Segretario di Stato: “Credo di non rivelare nessun segreto – dice a due giorni dall’elezione in una lettera al ‘suo’ quotidiano, il Giornale di Vicenza – se scrivo che un lunghissimo e caloroso applauso è seguito a quell”accetto’ che lo rendeva il 267esimo Papa della Chiesa Cattolica”.

Del resto, è del tutto scontato che la Chiesa si ricompatti subito attorno alla figura del nuovo Papa. Anche perché la volontà di una Chiesa unita era emersa chiaramente nelle dichiarazioni di molti prima dell’elezione ed è stata confermata dall’esito della votazione. Numeri certi non ce ne sono, ma alcuni cardinali all’uscita dall’incontro che hanno avuto sabato a tu per tu con Leone XIV hanno confidato che in conclave Robert Francis Prevost ha ottenuto più di 100 voti. Il quorum, com’è noto, era attestato a 89. Su di lui, dopo i primi scrutini andati a vuoto, sono andati rapidamente i voti di Parolin. “Abbiamo dato un segno di unità”, ribadiscono.

“Sapevo ovviamente qualcosa di Prevost – ha raccontato Dolan – ma lo ritenevo uno dei periferici. Ero aperto a tutti, c’è l’assioma che chi entra papa esce cardinale”. Qualcosa è però accaduto mercoledì 30 aprile alle congregazioni generali, dopo il funerale del papa. “Quando sono arrivato – sono le parole del cardinale di New York – immediatamente le persone hanno cominciato a chiedermi, ‘Eminenza, conosci questo Roberto?’ E io dicevo, mi spiace, mi piacerebbe essere d’aiuto. Perché il pensiero naturale della gente era che siccome lui è nato negli Stati Uniti, allora dovevamo avere familiarità”.

“Così – ha continuato – mi sono reso conto che quello che sapevo di lui era abbastanza stellare ma molto poco, che non lo conoscevo bene e questo pensiero è continuato per 2,3 giorni finché mi sono detto, Dolan, devi conoscere questa persona”. “Io sono andato da diversi cardinali – ha aggiunto – e molti sono venuti da me, ci si voleva conoscere meglio, indovinare il pensiero gli uni degli altri, e così ho cominciato a conoscerlo ed ogni giorno di più”. Un profilo quindi cresciuto in pochi giorni e che ha visto infine, l’accelerata definitiva in poche ore.

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