Peres, negoziato con Hamas possibile se cambia linea
(Keystone-ATS) Messaggi di segno opposto si sono incrociati oggi da Israele, nel giorno della Festa dell’Indipendenza, sul tema d’una (assai ipotetica) ripresa dei negoziati di pace con i palestinesi.
Uno sbocco che il presidente, Shimon Peres, è tornato a incoraggiare, aprendo addirittura un teorico spiraglio agli islamico-radicali di Hamas (laddove mai costoro dovessero cambiare linea); e sul quale invece il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, leader della destra radicale, ha gettato un’altra secchiata d’acqua gelida, escludendo qualsiasi concessione sul fronte di un congelamento delle colonie nei Territori occupati – condizione minima per il dialogo secondo i palestinesi – fosse pure per “tre ore”.
Riferendosi al recente accordo di riconciliazione nazionale palestinese tra Al-Fatah, il partito del presidente moderato dell’Anp, Abu Mazen, e Hamas, Peres ha ribadito in un comunicato diffuso stasera l’inquietudine di Israele. Ma ha anche lasciato una porticina socchiusa, auspicando .- in conseguenza di tale intesa – che “non sia la Cisgiordania (governata da Abu Mazen) a diventare come la Striscia di Gaza (controllata da Hamas), ma Gaza a diventare come la Cisgiordania”.
Il presidente, in una precedente intervista, aveva del resto affermato che rispetto a Hamas “non conta l’etichetta, ma il contenuto”; aggiungendo di aver cominciato a trattare con Arafat quando anche con lui non pareva essere possibile e dicendo di non escludere a priori, per il futuro, un negoziato anche con la fazione islamica: a patto che questa riconosca Israele e rinunci alla violenza.
Parole caute, ma comunque lontane dagli accenti duri di Lieberman, il quale ricevendo il corpo diplomatico in occasione della giornata festiva – e a due sole settimane da una cruciale missione diplomatica negli Usa del premier Benyamin Netanyahu – ha liquidato la riconciliazione palestinese come una resa a Hamas che a suo dire getterebbe luci sinistre pure su Fatah.
Il ministro degli Esteri ha quindi ripetuto che Israele è disposto a negoziare con l’Anp, ma senza cedere ad alcuna delle condizioni poste da Abu Mazen. E ha escluso in particolare che ci possano essere “altre moratorie edilizie (nelle colonie): di tre mesi, di tre settimane o anche – ha detto – di tre ore”.
Nel suo intervento Lieberman non ha mancato di polemizzare neppure con l’Occidente e la comunità internazionale nel suo complesso per essere intervenuta militarmente in Libia, ma non aver mostrato analoga fermezza “con la Siria o l’Iran”.