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In Ticino, la paura dell’idraulico lombardo

I ticinesi si sentono minacciati dai lavoratori che arrivano dalla Lombardia Keystone

Due votanti su tre si sono espressi in Ticino contro l'estensione della libera circolazione. Eppure, i principali partiti erano per il sì.

La paura non riguarda tanto la paventata invasione dall’est, ma dalla vicina Italia. Un arrivo che la gente associa all’aumento della disoccupazione.

“Qui da noi, ci dice Carlo Marzullo, padrone di una ditta di pittura che occupa una dozzina di operai nel nord del Cantone, la concorrenza è già molto forte per le ditte di costruzioni metalliche e per il montaggio di cucine. Ma più a sud, verso il confine, tutti i settori sono toccati”.

Lo spauracchio della Lombardia

Più che dell’ormai mitica figura dell’idraulico polacco, gli artigiani sono confrontati con l’assalto di lavoratori indipendenti, veri o falsi, ma estremamente competitivi, provenienti dalla vicina Lombardia. Falegnami, idraulici, lattonieri, muratori, fabbri, piastrellisti: tutte le categorie professionali sono toccate.

Un problema che risale però al primo pacchetto di accordi bilaterali con l’Unione europea e non all’estensione di queste disposizioni ai nuovi paesi membri, su cui si è votato domenica.

La libera circolazione con l’Italia è ormai in vigore da circa un anno. Corrado Barenco, capo del servizio nazionale della Televisione della Svizzera italiana, fa notare come la disoccupazione in Ticino nell’ultimo anno sia aumentata di mezzo punto, mentre a livello federale questo dato è stabile. Si può dunque facilmente immaginare che la popolazione abbia fatto il legame tra disoccupazione e libera circolazione.

Basteranno gli ispettori?

Anche per Werner Carobbio, ex consigliere nazionale socialista e sindacalista, il problema risale ai bilaterali 1. “In Ticino sono state decise misure contro il ribasso salariale molto prima di altri cantoni. Bisogna però fare di più, soprattutto per il controllo dei lavoratori indipendenti”.

“È vero, aggiunge la deputata democristiana Chiara Simoneschi-Cortesi, da noi entrano molti lavoratori italiani. La maggior parte in modo assolutamente legale e questa concorrenza è sana per i nostri artigiani. La concorrenza sleale dei ´falsi indipendenti´ va combattuta con i maggiori controlli organizzati da sindacati, padronato e cantone”.

“Non credo che qualche ispettore del lavoro possa bastare a tenere sotto controllo la situazione”, ribatte Marzullo. “Un grosso problema per noi è anche la mancanza di una vera reciprocità con l’Italia. Quando vogliamo lavorare oltre confine, la burocrazia è un ostacolo insormontabile”.

Quale futuro?

La paura dei ticinesi si proietta anche nel futuro, perché le misure di accompagnamento dureranno fino al 2011 e poi termineranno. “Sarà in grado l’economia ticinese di volare con le proprie ali o sarà il caos?” si chiede Clemente Wicht, rappresentante dell’Unione democratica di centro in Ticino.

“Il Ticino è un avamposto per quanto riguarda la sensibilità svizzera nei confronti del lavoro, sottolinea Wicht. Nessun’altra regione svizzera è a contatto con una zona economica così importante come la Lombardia”.

L’atteggiamento delle autorità

Durante la campagna, i votanti non hanno potuto contare su una presa di posizione ferma del governo cantonale. In altri cantoni, il linguaggio delle autorità è stato più chiaro. In Ticino, avevano forse fiutato la bocciatura clamorosa.

Corrado Barenco ritiene che la mancanza di determinazione del Dipartimento dell’economia ticinese abbia sicuramente influenzato in modo negativo il risultato. “Anche per questo, precisa Barenco, il no alla libera circolazione proviene da tutto l’arco politico e non solo dalla Lega dei ticinesi o dall’UDC, che invitavano a votare no.”

Per Barenco è anche importante capire che i rapporti fra Ticino e Italia, diversamente da quanto avviene nelle altre due regioni di frontiera di Basilea e Ginevra, sono di tipo quantitativo e non qualitativo. La piazza finanziaria di Lugano – la terza della Svizzera – è nata e cresciuta sulla fuga dei capitali italiani. In Ticino ci sono poi 30.000 frontalieri che sono una forza lavoro a basso costo e basta. Il mondo politico ed economico ticinese non ha ritenuto opportuno creare dei rapporti anche qualitativi con l’Italia”.

swissinfo, Mariano Masserini

Il 63.9% dei votanti ticinesi hanno bocciato domenica l’estensione della libera circolazione.
Schengen/Dublino era stato bocciato in giugno con il 61.9% dei voti.
I ticinesi avevano bocciato i bilaterali 1, nel 2000, con il 57% di no.

A farla da padrone, in Ticino è stata la paura di un’invasione di lavoratori dalla vicina Lombardia, che farebbero aumentare la disoccupazione dei lavoratori indigeni.

Un’altra ragione del no ticinese risiede nello scetticismo per quanto riguarda i controlli promessi da autorità, padronato e sindacati per lottare contro gli abusi e il dumping salariale.

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