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Schengen, un anno dopo

Gli aeroporti svizzeri, qui quello di Ginevra, hanno aderito allo spazio Schengen il 29 marzo 2009 Keystone

Con l’adesione allo spazio di Schengen/Dublino nel dicembre 2008, la Svizzera è diventata parte integrante della mobilità in Europa. I controlli sistematici alle frontiere sono stati aboliti, ma grazie ad una migliore collaborazione internazionale la lotta alla criminalità si è fatta più efficace.

Il 12 dicembre 2008 la Svizzera è diventata un po’ più europea. Aprendo le sue frontiere ai cittadini dello spazio di Schengen (che comprende i paesi dell’Unione europea – tranne Gran Bretagna e Irlanda – più Norvegia e Islanda) la Confederazione ha rotto l’isolamento, fisico, che la separava dai suoi vicini.

L’adesione a Schengen, accettata dal popolo nel 2005, ha proiettato il piccolo paese alpino in un contesto decisamente più ampio. Diventata con i suoi scali internazionali una porta d’entrata dell’Europa, la Svizzera è stata chiamata ad assumere un ruolo di guardiano per contrastare i flussi migratori illegali dagli Stati terzi.

Grazie al rafforzamento della cooperazione transfrontaliera in materia di giustizia e polizia, Schengen si è rivelato uno strumento prezioso nella lotta al crimine. La convenzione di Dublino, in vigore dalla stessa data, ha dal canto suo permesso di meglio gestire le domande d’asilo presentate nei vari Stati membri (vedi dettagli a fianco).

Controlli rigorosi

«La Svizzera è in una situazione speciale siccome non fa parte dell’Unione doganale europea», spiega a swissinfo.ch Rodolfo Contin del comando centrale del Corpo delle guardie di confine (Cgcf).

«I controlli sistematici delle persone sono stati soppressi, ma a differenza di altri Stati sono stati mantenuti diversi altri compiti doganali, tra cui il controllo delle merci».

A titolo di misura complementare, prosegue Contin, sono stati intensificati i controlli mobili nelle fasce di confine e sulle principali tratte ferroviarie. Anche negli aeroporti, entrati nell’era Schengen nel marzo di quest’anno, i controlli dei passeggeri in provenienza da Stati terzi sono diventati «sistematici e rigorosi».

Il sistema non è comunque infallibile. Per gestire il traffico di 650’000 persone e 350’000 veicoli che ogni giorno varcano le frontiere nazionali, le guardie di confine elvetiche, chiamate a svolgere mansioni supplementari, chiedono più personale. La questione è attualmente al vaglio del parlamento.

4 kg di droga al giorno

Rispondendo indirettamente a chi temeva un aumento della criminalità in Svizzera (tesi sostenuta soprattutto dalla destra nazional-conservatrice), il capo del Cgcf, Jürg Noth, ha stilato un bilancio più che positivo della partecipazione a Schengen.

Noth ha lodato il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera grazie al Sistema informatico Schengen (SIS), una banca dati in cui sono segnalati oggetti rubati, documenti falsificati e persone ricercate dalla polizia.

«Grazie al SIS – ha rilevato Noth, citato dal quotidiano grigionese Südostschweiz – dall’inizio dell’anno sono stati individuati 5958 delinquenti, tra cui 60-70 criminali particolarmente pericolosi». Inoltre, è stato possibile sequestrare mediamente quattro chili di droga al giorno.

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“Scappatelle” in Svizzera

Il sistema di sicurezza istituito da Schengen prevede pure una politica comune in materia di visti. Chi possiede un visto Schengen per visitare l’Italia, valido tre mesi, può ad esempio recarsi in Svizzera senza ulteriori burocrazie.

L’introduzione del visto unico, segnala Svizzera Turismo, è stata importante soprattutto per i visitatori in provenienza da Cina, Russia e India. Per le agenzie di viaggio, ci dice la portavoce Véronique Kanel, «è diventato più facile includere la Svizzera nei circuiti europei».

«La semplificazione delle procedure amministrative ha avuto un effetto marcante in particolare sul mercato cinese. È però difficile quantificare il suo influsso sull’aumento dei pernottamenti dei turisti cinesi in Svizzera nel 2009, cresciuti del 23,1%».

Sempre in ambito di visti, l’adesione allo spazio Schengen ha fornito alla Svizzera – in modo forse inaspettato – uno strumento di pressione internazionale. Un’arma che Berna ha prontamente utilizzato contro la Libia, accusata di detenere illegalmente due cittadini svizzeri da oltre un anno.

Reagendo alle indifferenze di Tripoli, Berna ha chiesto di limitare la concessione di visti d’entrata in Europa a cittadini libici. Nel mese di novembre, sono ad esempio stati negati i visti a responsabili dei servizi del primo ministro e ad alti funzionari. Un provvedimento mal digerito dalla Libia, la quale ha rimproverato l’Ue di praticare una «solidarietà sistematica e programmata» nei confronti della Svizzera.

Prevenzione dei reati

Dal 1. gennaio 2010, la partecipazione della Svizzera al trattato europeo diventerà ancor più effettiva con l’entrata in vigore della Legge federale sullo scambio di informazioni con gli Stati Schengen.

La nuova legge ha lo scopo di accelerare e semplificare lo scambio di informazioni per prevenire e perseguire reati.

Luigi Jorio, swissinfo.ch

Parallelamente al Trattato di Schengen, il 12 dicembre 2008 è entrata in vigore anche la Convenzione di Dublino, la quale si prefigge di ostacolare il cosiddetto “turismo dell’asilo” ed evitare che una persona possa depositare una richiesta d’asilo in più paesi.

Il sistema si basa su una banca dati (Eurodac) in cui sono registrate le impronte digitali di tutte le persone sopra i 14 anni che hanno inoltrato una domanda d’asilo o che sono entrate illegalmente in un paese dell’area Dublino (che oltre alla Svizzera comprende l’Ue, la Norvegia e l’Islanda).

Concretamente, la convenzione consente alla Confederazione di respingere i richiedenti l’asilo verso lo Stato in cui hanno presentato la loro domanda.

L’Ufficio federale della migrazione rileva che da gennaio a novembre 2009 il numero di persone costrette a lasciare la Svizzera per via aerea sono state 6’537, il 33% in più rispetto allo stesso periodo del 2008.

I richiedenti l’asilo ad essere stati consegnati al paese competente nel quadro della convenzione di Dublino sono stati oltre 1’600.

Nel settembre 2009 la Svizzera e l’Ue hanno firmato un ulteriore accordo che disciplina la partecipazione elvetica alle attività dell’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne (Frontex).

In base a tale intesa, Bruxelles può chiedere alla Svizzera di mettere a disposizione delle guardie di confine per il controllo delle frontiere esterne dell’Ue (ad esempio in Polonia).

Lo scopo è di contrarre il flusso di immigrati clandestini, il cui numero è sensibilmente aumentato nel corso del 2008.

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