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La politica regionale svizzera ad una svolta

Le vallate alpine figurano tra le principali beneficiarie degli aiuti di politica regionale Keystone

Cresce l'opposizione contro la politica di aiuto in favore delle regioni periferiche: non favorirebbe il loro sviluppo e indebolirebbe soltanto i centri economici.

30 anni dopo la loro introduzione, gli strumenti adottati per evitare un fossato economico in Svizzera sono rimessi fondamentalmente in discussione.

1973: la crisi del petrolio smorza il boom economico del Dopoguerra. È il colpo di grazia per la vecchia industria orologiera svizzera, indebolita dalla nuova concorrenza che giunge dall’Asia.

A soffrirne è quasi tutto l’arco giurassiano: decine di aziende chiudono i battenti, la disoccupazione dilaga e moltissimi progetti di sviluppo finiscono nei cassetti.

La Confederazione decide di intervenire: adottando il cosiddetto decreto Bonny, il Parlamento approva un programma di aiuti finanziari in favore della regione depressa.

Nasce così la politica regionale svizzera: negli anni ’70 diversi altri strumenti finanziari vengono introdotti per sostenere il settore alberghiero e soprattutto le zone alpine, che si spopolano sempre più.

Disparità in crescita

«Questa politica regionale ha sicuramente permesso di evitare un enorme fossato economico tra le regioni della Svizzera, come si è verificato nell’ultimo mezzo secolo in altri paesi europei», afferma il professor René L. Frey, ex-docente di economia all’Università di Basilea.

«Ma oggi questi interventi non sono più efficaci, anche perché non è ormai più la mancanza di infrastrutture a frenare lo sviluppo delle regioni meno avanzate del paese».

Da diversi anni si stanno fortemente allargando le disparità tra i Cantoni più ricchi e quelli più “poveri” del paese. Nelle regioni di Zurigo, Zugo, Basilea e del Lemano il Prodotto interno lordo per abitante supera di oltre il doppio o il triplo quello di Uri, Obvaldo, Appenzello o Vallese.

E la tendenza rischia di accentuarsi fortemente nel prossimo decennio. Secondo le previsioni dell’istituto basilese di ricerche economiche Bak, con un tasso di crescita di quasi il 2%, i Cantoni più ricchi lasceranno dietro sé gli altri, che non dovrebbe raggiungere neppure l’1%.

Magro bilancio

30 anni dopo, la politica regionale svizzera è forse giunta ad una svolta. Un’opposizione sempre più grande si è levata contro un semplice rinnovo del decreto Bonny, che giunge a scadenza nel 2006.

Tanto più che uno studio, commissionato dal Segretariato di Stato dell’economia (seco), ha tracciato pochi mesi fa un bilancio piuttosto magro degli effetti ottenuti dai 300 programmi in favore delle zone di rilancio economico realizzati tra il 1996 e il 2003, per una spesa che ha raggiunto 70 milioni di franchi all’anno.

L’intervento federale avrebbe permesso di insediare una trentina di aziende all’anno nelle regioni periferiche, creando oltre 8’000 posti di lavoro. Ma ciascuno di loro è costato circa 23’000 franchi all’anno di sovvenzioni.

Senza dimenticare che sussidi impiegati per la politica regionale «ufficiale» costituiscono in realtà soltanto una piccola parte dei fondi riversati alle regioni meno favorite della Svizzera, tramite ad esempio la perequazione finanziaria, i sussidi per l’agricoltura, i trasporti o gli stabilimenti militari.

Perdita di dinamismo

Secondo il Bak, questa politica di aiuti in favore delle regioni periferiche frena il dinamismo dei centri economici della Svizzera, il cui tasso di crescita è inferiore a quello delle metropoli europee paragonabili.

Peggio ancora: per alcuni economisti, gli aiuti finanziari favorirebbero addirittura il progressivo indebolimento economico delle stesse regioni periferiche svizzere.

«Le spese di alcune regioni periferiche sono ormai finanziate per metà dalla Confederazione e dai Cantoni più ricchi. È chiaro quindi che queste regioni hanno perso ogni dinamismo economico» afferma il professor Henner Kleinewefers.

Per il docente di economia dell’Università di Friburgo, la politica regionale sta sviluppando solo effetti controproducenti.

Nuovi orientamenti

Dopo aver ventilato l’ipotesi di cancellare completamente gli aiuti previsti dal decreto Bonny, il Consiglio federale ha proposto il 17 agosto una revisione dei suoi principi di politica regionale.

In base ai nuovi orientamenti, che verranno sottoposti in novembre al Parlamento, dovrebbero rimanere le agevolazioni fiscali destinate a facilitare l’insediamento di nuove imprese.

Le sovvenzioni verrebbero invece erogate in futuro in modo più mirato: non sarebbero più destinate soprattutto alla salvaguardia di imprese e posti di lavoro, ma piuttosto in favore di iniziative che permettono di valorizzare la regione e favorire il suo sviluppo economico.

«Bisogna passare da una politica regionale di carattere sociale ad una politica di promozione dell’innovazione, che permetta oltretutto di collegare maggiormente le regioni periferiche svizzere con quelle dei paesi vicini», sostiene il professor René L. Frey.

Nonostante le correzioni previste, la politica regionale rischia questa volta di esser combattuta in Parlamento dai rappresentanti dei Cantoni ricchi, nei quali emerge un crescente macontento contro i programmi di aiuti finanziari.

La fine della solidarietà tra le regioni svizzere o l’inizio di una nuova politica regionale più efficiente?

swissinfo, Armando Mombelli

Nel 1976 la Confederazione ha introdotto un fondo d’aiuto agli investimenti nelle regioni montane.
Nel 1978 è stato adottato il decreto Bonny, dal nome dell’ex-parlamentare Jean-Pierre Bonny, in favore delle zone di rilancio economico.
Dalla loro introduzione, le misure specifiche di politica regionale sono costate circa 5 miliardi di franchi alla Confederazione.

Il Consiglio federale dovrebbe trasmettere in novembre al Parlamento il suo messaggio sulla Nuova politica regionale.

In caso di approvazione da parte delle Camere del nuovo progetto governativo, gli aiuti in favore delle regioni meno favorite potrebbero venir rinnovati per altri 8 anni.

Attualmente sono ben 17 i Cantoni che ricevono sovvenzioni di politica regionale.

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