Spagna al voto. Rebus alleanze, occhi sull’ultradestra

(Keystone-ATS) “Io voto, ma non mi aspetto che cambi molto. Ho poche speranze che riescano a mettersi d’accordo. Ancora una volta, penseranno solo a loro stessi”.
È la voce dei millennial in una Madrid che brulica di gente fra turisti e maratoneti per un evento podistico che invade il centro proprio alla vigilia elettorale.
Sarà stato anche per via di questa voce e di questi timori che nelle ultimissime battute della campagna i leader dei maggiori partiti spagnoli hanno accelerato e chiarito le loro intenzioni, aprendo definitivamente alla possibilità di formare coalizioni per dare alla Spagna un governo stabile, almeno numericamente: i socialisti con Podemos e i popolari con Ciudadanos, ma anche con l’ultradestra di Vox.
È questo il tratto di queste elezioni spagnole, l’ultimo voto in un grande Paese europeo prima della tornata continentale di maggio: la consapevolezza che con tutta probabilità (anzi con certezza, secondo alcuni sondaggi) nessun partito avrà i voti necessari per governare da solo e deve quindi trovarsi degli alleati.
Una novità per uno dei pochi paesi in Europa che nella sua storia democratica era riuscito finora a conservare un bipartitismo perfetto, almeno al governo.
Stando alla gran parte degli osservatori, l’esito delle urne porterà a due blocchi, quello guidato dal socialista Pedro Sanchez (favorito, ma non al punto di poter fare da solo) e quello capitanato dal leader del Partido popular Pablo Casado, che in extremis ha aperto anche all’ultradestra di Vox, il partito di Santiago Abscal il cui ingresso in Parlamento è dato per scontato dai sondaggi: era dal 1982 che i rappresentanti dell’estrema destra vi mancavano.
Il rebus alleanze a destra contempla poi anche Ciudadanos, partito nato per contrastare formazioni indipendentiste e secessioniste, in particolare in Catalogna, e adesso presentato come una forza liberale dal suo leader Alber Rivera, che non disdegna un ruolo in un eventuale esecutivo di centrodestra.
Podemos invece, pur non avendo più lo smalto di qualche anno fa con la sua sfida lanciata da sinistra ai socialisti, la partecipazione in un possibile governo Sanchez l’ha proprio chiesta. La risposta, anche questa giunta dal leader del Psoe quasi a fine clessidra, è che “nulla osta”. Soprattutto in funzione anti-Vox, il “rischio reale” per il leader socialista.
Eppure a voler parlare di Vox, che ha fatto il suo clamoroso exploit nei mesi scorsi in Andalusia, a Madrid ancora lo si tratteggia con molte sfaccettature: tradizionalista sì, a destra del Pp certo, ma anche ispirato da certi sentimenti di anti-politica che attraggono i più giovani. Il suo quartier generale nella capitale è in pieno centro e in termini di densità la sua presenza viene indicata nei quartieri più benestanti.
Ciò che rende poi queste elezioni in bilico fino alla fine è il livello record di indecisi. Fino al 45%, stando ad alcuni rilevamenti, mentre altri si assestano su un terzo.
Sta di fatto che l’ago della bilancia potrebbe essere proprio questa fetta di elettorato. Incarnata per le strade di Madrid da Patricia, giovanissima, ma che ha già votato in passato: “Ancora non lo so, deciderò domani”, dice.