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Tredici anni all’omicida del Gabbiano

L'albergo Gabbiano il giorno dell'omicidio Keystone Archive

Carmelo Noto, il muratore siciliano accusato di aver ucciso una prostituta brasiliana nell'aprile 2000 all'albergo Gabbiano a Lugano, è stato condannato giovedì a Como a 13 anni e 4 mesi di reclusione. Il giudice delle udienze preliminari Vittorio Anghileri lo ha riconosciuto colpevole di omicidio volontario.

All’imputato è inoltre stata inflitta una multa pari a 60mila franchi, a titolo provvisionale come risarcimento per la famiglia della vittima.

Il pubblico ministero Massimo Astori all’inizio dell’udienza ha rinunciato a far valere l’aggravante della crudeltà, chiedendo una pena di sedici anni di carcere. Il giudice ha ulteriormente ridotto la pena, riconoscendo al 30enne siciliano le attenuanti generiche. All’imputato è stato concesso uno sconto di pena per il rito abbreviato.

Prima di entrare in aula, il difensore Enzo Pacia ha consegnato ai rappresentanti della famiglia della vittima 4 milioni di lire (circa 3200 franchi): la somma era stata riunita con una colletta dai concittadini di Noto, originario di Cerda (Palermo), per pagare l’onorario al legale. L’avvocato vi ha però rinunciato.

Il crimine fu compiuto il 16 aprile dell’anno scorso in una camera dell’albergo. Dopo aver stordito la 35enne Marcia Caron, l’omicida l’accoltellò, tagliandole la gola. Su consiglio di un prete, l’uomo si consegnò poi alle autorità italiane.

L’omicidio della prostituta brasiliana aveva suscitato un ampio clamore in Ticino. A parte il prevedibile orrore causato da un atto criminale, per fortuna, non all’ordine del giorno nella realtà cantonale, la triste faccenda aveva rivelato anche un importante risvolto politico.

In effetti l’hotel “Gabbiano” nel quale è avvenuto il delitto, nel centro del quartiere di Loreto, appartiene a Giuliano Bignasca, presidente della Lega dei ticinesi e consigliere nazionale. E proprio quel 16 aprile, giorno della scoperta del cadavere di Marcia Caron, Bignasca, che non ha mai gestito direttamente il suo hotel, fu eletto nel Municipio della Città di Lugano.

Il crudo fatto di sangue ha rappresentato la goccia che ha fatto traboccare il vaso della pazienza degli abitanti del quartiere: Loreto si stava lentamente trasformando in una vera e propria zona a luci rosse, con tutte le conseguenze in termini di attrattività residenziale e di sicurezza che ne derivano.

Il giorno successivo, il comitato anti-prostituzione del quartiere, composto da persone esasperate dalla crescente invivibilità della zona, ha chiesto le dimissioni di Bignasca dall’esecutivo comunale e l’intervento delle autorità per restituire tranquillità a Loreto.

E se la polizia ha immediatamente deciso di chiudere (provvisoriamente?) l’hotel Gabbiano ed un altro conosciutissimo esercizio pubblico dove si praticava la prostituzione, restituendo in questo modo fiato all’intera zona di Loreto, le dimissioni di Bignasca non sono giunte. Il timoniere della Lega si è distanziato dalla gerenza del suo hotel senza tuttavia rimettere in questione la sua appartenenza all’autorità esecutiva della città.

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