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Egitto: Gheit accusa, Usa tentano di imporre loro volontà

Questo contenuto è stato pubblicato il 09 febbraio 2011 - 21:56
(Keystone-ATS)

Per la prima volta da quando la crisi al Cairo ha avuito inizio, è tensione esplicita tra Egitto e Stati Uniti. Il ministro degli esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, intervistato dalla tv pubblica americana Pbs, ha accusato oggi gli Usa di "cercare di imporre la loro volontà", e si è detto "sbalordito", "allibito", "infuriato" per le richieste avanzate da Washington.

Mentre la Casa Bianca oggi sottolineava che, alla luce "di quello che sta succedendo nelle strade del Cairo", quanto sta facendo il Governo egiziano non è ancora "sufficiente" per dare una soluzione alla crisi, il ministro Gheit se l'è presa in modo diretto con il vicepresidente americano, Joe Biden. Colpevole, a suo avviso, quantomeno di ingerenza negli affari di un altro Paese sovrano.

Biden, che da quando la crisi ha avuto inizio è sempre stato in contatto col il vicepresidente egiziano, Omar Suleiman, ieri aveva chiesto alle autorità del Cairo che la gestione della crisi tenesse conto di quattro elementi ritenuti essenziali per gli Stati Uniti: fine immediata delle minacce contro i manifestanti; riforma immediata della legge di emergenza egiziana (che consente la detenzione senza incriminazione); dialogo il più allargato possibile con i membri dell'opposizione; definizione di una 'road map' per la transizione da mettere a punto con l'opposizione.

Oggi Gheit si è detto "sbalordito" di fronte a queste richieste. Le ritiene un atto di ingerenza in affari altrui, e di sicuro "non utili" per contribuire a trovare una soluzione in Egitto. "Quando si usano termini come 'immediato', 'adesso', 'ora', è come se si stesse imponendo a un grande Paese come l'Egitto la propria volontà".

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