Libera circolazione, Cameron non cede a Merkel
Una conversazione a distanza per ora, ma cruciale: che siano moniti o precisazioni i messaggi che intercorrono queste ore tra Londra e Berlino potrebbero influenzare il futuro dell'Unione Europea. Il primo ministro britannico David Cameron si mostra risoluto e ribadisce che il tema dell'immigrazione resta centrale per il negoziato che ha promesso di lanciare con Bruxelles sui futuri termini dell'adesione del Regno Unito all'Ue.
Lo ripete in queste ore Downing Street, che giudica come "speculazioni" della stampa l'avviso della cancelliera tedesca Angela Merkel secondo cui - ha scritto lo Spiegel - un'uscita del Regno Unito dall'Ue potrebbe non essere più un tabù se Londra insiste sulla modifica il principio di libera circolazione. Avrebbe parlato di un "punto di non ritorno", oltre il quale Cameron non potrà più contare sul sostegno della Germania per il mantenimento della Gran Bretagna nell'Ue. "Il primo ministro deve ancora mettere a punto i suoi piani in materia ma è deciso ad affrontare questa discussione", fa sapere Downing Street che ripete: il "boss" per Londra è il popolo britannico e quindi Cameron deve far presente a Bruxelles le forti preoccupazioni che i cittadini esprimono in fatto di immigrazione.
Il punto quindi resta quel "bene prezioso", come lo ha definito ancora oggi a Berlino il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert, che è la libertà di circolazione all'interno dell'Ue e che "non è negoziabile", ha ripetuto. Ciò invece su cui la Germania è pronta a discutere sono i "possibili problemi legati all'abuso della libertà di circolazione, al suo sfruttamento indebito". Eccola l'apertura, lo spiraglio, su cui Cameron, se volesse, avrebbe margine di manovra presso gli interlocutori europei. Ma il premier conservatore vive un dilemma interno, pressato com'è dall'ala euroscettica del suo stesso partito e dalla minaccia dell'Ukip che incombe, a sei mesi dalle elezioni politiche fissate per il 7 maggio 2015, prima tappa per la strategia sull'Europa delineata da Cameron che - in caso di rielezione, ha promesso - culminerebbe in un referendum, ma non prima del 2017 e dopo aver rinegoziato con Bruxelles i termini dello status di Londra nell'Ue.
"I britannici me lo chiedono e io lo farò", ha sottolineato di recente il premier britannico, con toni che sono andati facendosi via via più rigidi e intransigenti con il passare delle settimane e anche dopo che un paio di transfughi eccellenti hanno lasciato i Tory per entrare nelle file dell'Ukip, facendo guadagnare così alla formazione politica guidata da Nigel Farage il suo primo seggio a Westminster. Mancano i dettagli però: il come e il quando Cameron intenda realizzare la stretta sull'immigrazione. Indiscrezioni si rincorrono da giorni e suggeriscono le soluzioni più disparate tra quote, tetti e sbarramenti.
L'ultima ieri sul Sunday Times, secondo cui il premier conservatore avrebbe in parte mitigato il suo approccio iniziale sostenendo di voler applicare "spingendole al limite" le regole esistenti. La risposta si avrà tuttavia soltanto quando lo stesso Cameron pronuncerà l'atteso e annunciato discorso a riguardo, entro Natale. Non prima, nonostante le richieste in questo senso anche per tentare di scongiurare un altro duro colpo nelle suppletive del prossimo 20 novembre a Rochester, dove è candidato Mark Reckless, il secondo 'transfuga' che è passato all'Ukip.
Farage intanto capitalizza subito. "I tedeschi non bluffano, Angela Merkel preferirebbe che la Gran Bretagna lasciasse l'Ue piuttosto che iniziare a scardinare i trattati europei", dice, "Cameron non riuscirà a cambiare il principio secondo cui circa mezzo miliardo di persone, se lo vogliono, possono venire in questo Paese".