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Libia: Gheddafi sotto assedio, Tripoli tratta

(Keystone-ATS) Si stringe l’assedio a Gheddafi, sempre più isolato a Tripoli. Dopo il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, anche l’Unione europea ha varato sanzioni contro il Colonnello, i suoi più stretti familiari e alti dignitari del regime. Obiettivo: fermare le violenze e appoggiare la transizione.

La segretaria di stato Usa Hillary Clinton ha chiesto a Gheddafi di “lasciare subito il potere senza ulteriori violenze e rinvii” e la Casa Bianca ha ventilato l’ipotesi di un esilio. Ma il leader libico ha risposto con una risata di scherno. “Chi lascia il proprio Paese?”, ha detto in un’intervista a un piccolo gruppo di giornalisti occidentali a Tripoli.

Oltre a evocare la possibilità di un esilio per Gheddafi, che se non accettasse rischierebbe una incriminazione per crimini contro l’umanità alla Corte penale internazionale, gli Usa, per bocca della Clinton, hanno annunciato il riposizionamento della flotta Usa nel Mediterraneo davanti alle coste libiche.

Il Tesoro Usa ha anche reso noto di aver congelato beni libici per 30 miliardi di dollari Nell’intervista agli inviati di Abc, Bbc e Sunday Times, ha replicato dicendo di sentirsi tradito dai Paesi occidentali amici e, secondo la tv araba Al Jazira, ha incaricato il capo dell’intelligence Bouzid Durdah di intavolare una trattativa con le tribù ribelli, che nel frattempo hanno già allacciato contatti con emissari americani per preparare la successione a Tripoli.

Fonti ufficiali a Tripoli però smentiscono la trattativa e sostengono che è prevista solo una missione umanitaria a Bengasi, nella zona controllata dagli insorti. Una offensiva militare contro Tripoli non sembra pertanto imminente: entrambe le parti appaiono impegnate a scongiurate il pericolo di una guerra civile e le forze in campo non permettono ancora ai ribelli una rapida conquista della capitale. “In caso di attacco, ci saranno centinaia di migliaia di morti”, ha minacciato oggi un portavoce del governo incontrando i 130 giornalisti stranieri giunti nella capitale libica.

A Tripoli intanto la situazione appare tornata alla normalità, con la riapertura di molti negozi, specie quelli di alimentari e di generi di prima necessità. Ancora chiuso invece il suk vicino alla piazza Verde, luogo di ritrovo anche di integralisti e pertanto giudicato pericoloso in questo momento dalle autorità che evitano gli assembramenti anche davanti alle moschee dopo le preghiere. Le scuole funzionano regolarmente e in città si vedono lunghe code davanti ai panifici, ai distributori di benzina e alle banche: il governo sta infatti distribuendo ad ogni famiglia di Tripoli 500 dinari (circa 400 franchi) per scongiurare nuove proteste nella capitale.

Gli unici a scendere in piazza sono i fondamentalisti islamici: le milizie fedelissime al regime sono intervenute dopo la preghiera del pomeriggio sparando numerosi colpi di kalashnikov in aria per disperdere una manifestazione contro Gheddafi nel quartiere di Tajoura, teatro dall’inizio della rivolta di numerosi episodi di violenza che hanno causato molte perdite ad entrambe le fazioni in lotta. Secondo il quotidiano Qurina (considerato prima della rivolta vicino al figlio di Gheddafi, Saif al-Islam), ci sarebbero morti e feriti. Sembra reggere intanto la tregua a Zawia, città strategica a soli 40 chilometri da Tripoli verso il confine con la Tunisia. Il governo, che tiene sotto assedio da venerdì scorso la città, ha raggiunto un accordo con le tribù locali. L’accordo prevede che i ribelli rimangano all’interno della città, senza estendere la rivolta nelle altre città ad ovest della capitale, mentre l’esercito si impegna a non intervenire per sedare la rivolta con le armi.

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