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Morsi attacca Assad, in Siria un regime oppressivo

(Keystone-ATS) In Siria c’è un regime sanguinosamente “oppressivo” contro il quale è lecito ribellarsi. Il presidente egiziano Mohamed Morsi ha usato la tribuna planetaria del vertice dei Non Allineati a Teheran per ribadire l’avversione del nuovo Egitto verso Bashar al Assad, provocando una clamorosa protesta della delegazione siriana.

La prima giornata del summit, preparato con cura dall’Iran per cercare di rompere l’isolamento internazionale in cui l’ha piombato il braccio di ferro sul nucleare, è stata segnata da molte tensioni, malgrado lo storico colloquio tra il presidente iraniano Mahmud Ahmadinejad e lo stesso Morsi.

Come previsto, la presenza al vertice del segretario generale dell’Onu, ottenuta dagli iraniani nonostante le pressioni al boicottaggio di Usa e Israele, è stata accompagnata da critiche dello stesso Ban Ki-Moon all’ “incendiaria” e pericolosa retorica anti-sionista e negazionista della dirigenza iraniana. Ban ha anche esortato Teheran a fare di più per convincere l’Occidente che non sta cercando di costruire la bomba atomica, come invece continua a far sospettare il più recente rapporto trimestrale dell’Agenzia atomica internazionale (Aiea) nonostante la Guida suprema iraniana sia tornato oggi a negare queste mire: per la Repubblica islamica, ha detto Khamenei, rappresenterebbero “un grave e imperdonabile peccato”.

La protesta siriana si è concretizzata con l’uscita della delegazione di Damasco dalla sala del summit mentre Morsi, presidente di turno uscente del Movimento, stava definendo quello siriano un “regime oppressivo che ha perso la propria legittimità” con la sanguinosa repressione dei moti di protesta. Il sunnita Morsi ha in pratica auspicato una caduta del regime alawita di Assad, esortando ad esprimere “piena solidarietà. ai rivoltosi. Parole salutate in serata con favore a Washington.

È “un’interferenza negli affari interni siriani”, ha denunciato il ministro degli Esteri siriano Walid al Muallim che, spiegando la protesta della sua delegazione, ha definito le affermazioni di Morsi come “un’istigazione a proseguire lo spargimento di sangue in Siria”. L’uscita dei siriani dalla sala si è limitata al tempo del discorso del presidente egiziano che ha messo in vivida luce un punto di attrito con Teheran, strenua alleata di Assad, proprio nel giorno della prima visita di un presidente egiziano in Iran dopo 32 anni di rottura diplomatica sulla politica filo-israeliana del vecchio Egitto.

L’occasione è stata formalmente il passaggio delle consegne al collega Mahmud Ahmadinejad della presidenza di turno triennale del movimento cui aderiscono 120 Paesi, anche se un ritorno alle relazioni diplomatiche auspicato da Teheran non è in vista. Però vi è stato anche il primo incontro fra i presidenti dei due Paesi in più di tre decenni e, oltre che di come impedire un intervento straniero in Siria, si è parlato anche di relazioni bilaterali.

Ahmadinejad, il suo negazionismo e i suoi auspici di una scomparsa di Israele (“cancro” della Storia) sono stati il bersaglio degli accenti critici che Ban aveva promesso per giustificare l’avallo dato con la propria presenza al summit con cui Teheran vuole dimostrare di non essere isolata sulla scena internazionale e anzi di poterla dirigere in chiave anti-Usa. “Respingo fermamente le minacce di qualsiasi stato” di “distruggere un altro o gli oltraggiosi tentativi di negare fatti storici come l’Olocausto”, ha detto Ban, il quale ha esortato l’Iran a prendere tutte “le misure necessarie per creare fiducia internazionale sulla natura esclusivamente pacifica del suo programma nucleare”: fra l’altro, collaborare con l’Aiea che invece lamenta scarsa cooperazione sulla sospetta base militare di Parchin e un raddoppio della capacità di produzione nel sito nucleare di Fordo.

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