Papa: peccato ci insidia tutti, Chiesa deve purificarsi
CITTA' DEL VATICANO - Il peccato "insidia tutti i membri della Chiesa" e pertanto anche questa istituzione ha bisogno di "una permanente purificazione": Benedetto XVI, con l'onestà intellettuale che lo caratterizza, è tornato stamane, durante le riflessioni dell'Angelus, a parlare delle debolezze e delle mancanze che non risparmiano la dimensione terrena dell"Ecclesià.
Vi è una dimensione divina che, per il pontefice, non è ovviamente in discussione. Quando però entrano in gioco gli uomini, sia pure in veste talare, ecco che gli errori, le divisioni, i peccati, si insinuano.
Anche in passato, in più di un'occasione, Benedetto XVI aveva puntato il dito contro le manchevolezze della Chiesa e stamane ha usato termini particolarmente espliciti. Ricordando l'imminente festa dell'Immacolata (8 dicembre) e sottolineando come Maria sia "il fiore più bello germogliato dalla parola di Dio", il Papa ha osservato come invece "la Chiesa ha continuamente bisogno di purificarsi, perché il peccato insidia tutti i suoi membri".
"Nella Chiesa - ha spiegato - è sempre in atto una lotta tra il deserto e il giardino, tra il peccato che inaridisce la terra e la grazia che la irriga perché produca frutti abbondanti di santità". "Preghiamo dunque la Madre del Signore - ha esortato - affinché ci aiuti, in questo tempo di Avvento, a 'raddrizzare' le nostre vie, lasciandoci guidare dalla parola di Dio".
Già lo scorso settembre in una messa per le ordinazioni episcopali nella Basilica di San Pietro, Benedetto XVI aveva parlato dei problemi che affliggono la Chiesa, come del resto anche la società civile: tra questi aveva indicato il fatto che "molti, ai quali è stata affidata una responsabilità, lavorano per se stessi e non per la comunità".
In marzo il pronunciamento più forte: in piena tempesta per il "perdono" da lui concesso ai vescovi lefebvriani (tra cui il negazionista Williamson), aveva scritto una lettera aperta in cui, riprendendo le parole dell'apostolo Paolo ai Galati, constatava che anche oggi nella comunità ecclesiastica, "ci si morde e ci si divora a vicenda".