TPF: forniva cannocchiali per fucili a Iran
Un uomo d'affari ginevrino d'origine italiana e residente in Ticino, accusato di aver fornito all'Iran illegalmente nel 2007 a due riprese 150 cannocchiali per fucili d'assalto e nel 2008 equipaggiamenti speciali per sommozzatori, è stato condannato dal Tribunale penale federale (TPF) di Bellinzona ad una pena pecuniaria di 20 aliquote giornaliere di 30 franchi. A questa vanno aggiunti 1700 franchi di spese processuali.
La pena - per violazione della legge sul materiale bellico (LMB) e sul controllo dei beni utilizzabili a fini civili e militari (LBDI) - è più bassa di quella contenuta nel decreto d'accusa proposta lo scorso giugno dal Ministero pubblico della Confederazione: 30 aliquote giornaliere di 30 franchi. L'imputato si era opposto a questa sanzione.
Alcuni dei mirini telescopici sarebbero stati recuperati in Afghanistan dopo essere stati utilizzati dai cecchini talebani per sparare su soldati tedeschi che facevano parte della forza multinazionale inviata nel paese asiatico.
Stando all'accusa parte dei cannocchiali, peraltro prodotti proprio in Germania da una ditta specializzata dell'Assia, sono stati rivenduti all'Iran, senza autorizzazione rilasciata dalla Svizzera, dopo essere transitati dal punto franco ticinese di Cadenazzo. Il materiale per sub, destinato all'Iran e agli Emirati Arabi Uniti, sarebbe invece passato per il punto franco di Chiasso.
Sempre secondo l'accusa, la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) informò il Servizio di analisi e prevenzione (SAP) - come era allora chiamato il servizio di intelligence interna elvetico annesso all'Ufficio federale di polizia - sul traffico organizzato dall'uomo d'affari ginevrino nato in Italia.
Questi fu arrestato il 3 marzo 2010 nella Penisola con altre sei persone, quattro italiani e due iraniani, presunti membri di una organizzazione dedita a un traffico illegale di materiale militare verso l'Iran e altri paesi soggetti a embargo. Nell'ambito dell'operazione, denominata "Sniper" ("Cecchino") in Italia, furono anche perquisiti la sua abitazione e i suoi locali aziendali in valle Riviera.
Uso militare o civile
Uno dei punti caldi del processo, era chiarire se il materiale incriminato fosse destinato a uso civile o militare. Secondo la Corte di Bellinzona, anche solo i componenti di un'arma possono essere definiti materiale da guerra.
Per questo motivo era necessaria un'autorizzazione della SECO, ha spiegato il giudice. Inoltre, vista la lunga esperienza nell'imputato nel settore, è da ritenere che fosse a conoscenza delle norme sulle esportazioni di tali materiali.
La difesa aveva contestato in aula che l'equipaggiamento in questione possa essere definito materiale bellico e aveva sostenuto che la ditta tedesca produttrice li pubblicizzava per uso civile. Lo stesso vale a suo avviso per l'equipaggiamento da sub.
Il caso è finito davanti al TPF per il ricorso presentato dall'uomo d'affari, che si riteneva ferito nell'onore, e sosteneva che il procedimento gli abbia nuociuto nel suo lavoro, minacciando il suo stato economico. Diversi media ticinesi lo hanno infatti chiaramente identificato con nome e cognome riferendo su un altro procedimento a suo carico ancora in corso in Italia.