Tsunami: 5 anni, mentre Asia prega terra trema di nuovo
BANDA ACEH - L'Indonesia e il resto dell'Asia affacciata sull'Oceano indiano erano raccolti oggi in preghiera per rievocare il quarto di milione di persone - oltre 229.000, secondo le stime ufficiali - portate via dallo tsunami di cinque anni fa, quando alle 15.57 la terra, che nel giorno di Santo Stefano del 2004 scatenò la furia del mare, si è rifatta viva, con una scossa di 6,7 Richter.
Lontana centinaia di chilometri dall'epicentro del colossale terremoto di cinque anni fa, che raggiunse la magnitudo di 9,3 Richter, la scossa di oggi, localizzata nell'arcipelago indonesiano delle Molucche, in alto mare, a oltre 60 chilometri sotto la crosta terrestre, ha spaventato solo la città di Tual, e, a quanto è dato finora di sapere, non ha provocato vittime né danni particolari. Ma è bastato a rievocare la paura in un Paese che allo tsunami del 2004 sacrificò la vita di 168.000 persone, fra morti e dispersi.
In tutte le moschee della provincia di Aceh, nel nord di Sumatra, la zona più colpita, si è pregato. "Nessuno nella mia famiglia è sopravissuto allo tsunami: figli, nipoti, fratelli e sorelle sono tutti morti e mi hanno lasciata sola", racconta la 72.enne Siti Aminah, che non ha mai saputo neanche se i suoi cari siano stati sepolti anonimamente in terra o se se li sia portati per sempre via il mare. "Sono venuta a pregare per loro, perché Dio permetta loro di riposare in pace".
Un centinaio di persone si è riunito in un luogo simbolico, dove un peschereccio, trascinato per terra per chilometri dalla furia del mare, si adagiò sul tetto di una casa di due piani, dove si trova ancora oggi.
Il vicepresidente indonesiano, Boediono, ha partecipato a una commemorazione nel porticciolo di Ulee Theu, a cinque chilometri dal disastrato capoluogo Banda Aceh. In aprile in Indonesia è stata sciolta l'agenzia per la ricostruzione (Brr), che è riuscita ad allocare 6,7 dei 7,2 miliardi di dollari mobilitati dopo il disastro dai governi e dai donatori di tutto il mondo: "Cinque anni dopo - ha detto - gli abitanti di Aceh, con l'aiuto della comunità internazionale, si sono rialzati, sono rinati, hanno ricostruito la loro vita sociale, economica e culturale". Sono stati riedificati, ha ricordato Boediono, 14.000 abitazioni, 1.759 scuole, 363 ponti e 13 aeroporti.
Nello Sri Lanka, sulla sponda opposta del Golfo di Bengala, l'onda anomala si portò via la vita di 31.000 persone, secondo le stime ufficiali. Qui, dove oggi si sono osservati due minuti di silenzio, gli aiuti internazionali sono stati assorbiti dalla dilagante corruzione, a tal punto che il governo di Colombo deve a tutt'oggi rispondere della metà circa dei 2,2 miliardi di dollari promessi dai donatori.
In Thailandia, dove morirono 5.398 persone, 2.248 delle quali turisti da 37 Paesi, migliaia di monaci buddisti in abito color zafferano hanno pregato per le vittime e cerimonie si sono svolte sulle spiagge di Phang Nga, nell'ovest, e dell'isola di Phuket, nel sud, dove migliaia di lanterne stasera vengono lasciate al mare, e a Patong, dove locali e turisti si sono radunati al suono di canti tradizionali thai. Nel Paese gli aiuti, dice un esponente della Croce Rossa, sono quasi terminati: strutture turistiche e infrastrutture sono stati ricostruiti, mentre non si può dire altrettanto per le abitazioni. E poi la gente ha ancora paura del mare e molti sono troppo spaventati per ricostruire la loro casa vicino all'acqua.
E anche il turismo langue: oggi a Phang Nga gli alberghetti e i ristoranti sono di nuovo in piedi, ma almeno 100 sono in vendita e i proprietari non riescono a ottenere finanziamenti dalle banche. Ma stavolta il mare non c'entra: il secondo tsunami è stata la crisi economica globale.