Votazioni federali: esportazioni belliche, "no" da popolo e cantoni
BERNA - La Svizzera potrà continuare a vendere armi all'estero. L'iniziativa "Per il divieto di esportare materiale bellico" è infatti stata sonoramente bocciata da tutti i cantoni, il "no" ha raggiunto a livello nazionale il 68,2%. I sostenitori della proibizione, seppur delusi, hanno sottolineato la progressione di favorevoli rispetto all'ultima votazione sul tema nel 1997. Soddisfatti dell'esito il governo e i partiti borghesi.
Il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) ritiene in particolare che la decisione scaturita delle urne rappresenti un segno di sfiducia nei confronti della politica perseguita dal Consiglio federale. Circa un terzo degli elettori non accetta che la Svizzera alimenti i conflitti armati nel mondo, fa notare il movimento che è all'origine del testo respinto oggi.
Secondo la ministra dell'economia Doris Leuthard, la popolazione dà invece mandato al Consiglio federale di continuare la sua politica "restrittiva" in materia. Il governo, afferma la Leuthaud, continuerà a perseguire l'obiettivo di conciliare la morale con gli interessi economici e militari. In questo senso, gli iniziativisti non sono riusciti a intaccare la credibilità del governo.
Il numero di persone che oggi ha deposto un "sì" nell'urna è stato pari al 31,8% dei votanti. Tale dato, come hanno sottolineato i partiti di sinistra e lo stesso GSsE, è superiore a quello del 1997, quando i sostenitori dell'iniziativa "Per un divieto di esportazione di materiale bellico" avevano raggiunto il 22,5%. Nel 1972, tuttavia, l'iniziativa "Per un controllo rinforzato dell'industria d'armamento ed il divieto di esportazioni d'armi" aveva raggiunto una proporzione di voti favorevoli ben superiore: il 49,7% (sei cantoni e due semicantoni l'avevano approvata).
Oggi, come nel 1997, tutti i cantoni hanno respinto l'iniziativa. I meno convinti dalle proposte del GSsE sono stati Nidvaldo (88,0% di "no"), Uri (84,4%) e Obvaldo (80,9%). Ginevra e Basilea Città hanno da parte loro respinto di misura il testo con rispettivamente il 51,8% e il 53,1% dei votanti. In Ticino il "no" ha raggiunto il 62,4%, nei Grigioni il 67,9%.
Oltre a proibire le esportazioni di armi, l'iniziativa affossata oggi prevedeva anche il divieto della mediazione e del commercio di materiale militare se il destinatario si trova all'estero. Le armi da caccia, le armi sportive, gli apparecchi per lo sminamento umanitario così come i beni esportati temporaneamente dalle autorità elvetiche non sarebbero invece state soggette al divieto.
Per ridurre l'impatto economico provocato da tali misure, la Confederazione sarebbe stata chiamata ad occuparsi delle persone licenziate e delle regioni più colpite. Ed è proprio sul numero di impieghi che sarebbero andati persi che hanno fatto leva gli oppositori all'iniziativa.