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Usa: sparatoria in campus a Las Vegas, “almeno 3 morti”

Dopo circa quaranta minuti, la polizia ha comunicato che "il sospetto era stato individuato ed era morto". KEYSTONE/AP/John Locher sda-ats

(Keystone-ATS) Il terrore torna tra gli studenti di un campus universitario americano con l’ennesima sparatoria di massa. Questa volta il teatro della violenza è la University of Nevada a Las Vegas.

L’autore della strage a Las Vegas è un professore che non era stato preso per insegnare presso l’università di cui sopra. Lo riporta Abc news citando fonti di polizia. Il killer si chiama Anthony Polito e aveva 67 anni.

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La metropoli è celebre in tutto il mondo per i suoi casinò e i suoi eccessi ma anche per gli episodi di violenza, superiori alla media nazionale, che hanno avuto il loro tragico picco nel 2017 con una strage ad un festival musicale nella quale sono state uccise 60 persone.

Almeno tre morti, oltre al killer, e una persona in condizioni critiche: è il bilancio provvisorio fornito dalla polizia di Las Vegas dopo la sparatoria nel campus della University of Nevada.

L’allarme nel campus, che dista meno di 3 km dalla Strip e che conta oltre 30 mila studenti, è scattato attorno alle 11.30 ora locale, le 20.30 in Svizzera, nella Beam Hall, edificio che ospita la facoltà di economia. L’università ha pubblicato un messaggio invitando gli studenti ad evacuare dalla zona, contemporaneamente la polizia ha annunciato in un post su X di essere impegnata a rispondere ad una “sparatoria nel campus” e che c’erano “molte persone colpite”.

Dopo circa quaranta minuti, la polizia ha comunicato che “il sospetto era stato individuato ed era morto”, non è chiaro se sia stato ucciso dagli agenti o si sia tolto la vita. Quanto alle vittime, la polizia ha spiegato in una conferenza stampa che molte sono state ricoverate negli ospedali locali e ha precisato che le indagini continuano, anche sul movente della sparatoria. La squadra di basket maschile dell’università ha annullato la partita prevista in serata “causa dei tragici eventi nel campus”.

Un copione che si ripete con una frequenza inquietante negli Stati Uniti: studenti terrorizzati, famiglie distrutte e le solite domande senza risposta su come contenere la violenza delle armi in un Paese in cui il 40% della popolazione ne possiede una. Sei anni fa proprio nella metropoli dei casinò una delle stragi più cruente della storia degli Stati Uniti.

Stephen Paddock, 64 anni, sparando a caso sulla folla con ben 23 armi, tra cui diversi fucili d’assalto, dalla finestra della sua stanza nel Mandalay Hotel. Il bilanciò fu tremendo: 61 morti, incluso il killer che si è suicidato, e 850 feriti. Nell’anno che sta per finire gli Usa hanno registrato il maggior numero di sparatorie di massa in un anno dal 2006. Con le ultime tre, due avvenute durante il fine settimana, il numero totale è arrivato a 38, superando il record precedente – 36 – registrato nel 2022.

Nonostante i continui appelli del presidente degli Stati Uniti Joe Biden al Congresso per vietare la vendita almeno “armi da guerra” come gli Ar-15, in un Paese in cui ne circolano 390 milioni le leggi non riescono a passare. Troppo forte l’opposizione dei sostenitori, soprattutto repubblicani, del secondo emendamento della Costituzione Usa e di quei politici foraggiati dalla potentissima lobby della Nra, inclusi Donald Trump e tutti gli altri candidati alla presidenza per il Grand Old party nel 2024.

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