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Vittime Depakin, no a fondo finanziato dalla Confederazione

La sede di Sanofi a Parigi. KEYSTONE/EPA FILE/YOAN VALAT sda-ats

(Keystone-ATS) La Confederazione potrebbe assumere un ruolo di mediazione qualora dovesse venir istituito un fondo privato per le vittime del valproato, una sostanza utilizzata per la cura dell’epilessia presente nel Depakin.

Tuttavia, non intende sostenere in prima persona con soldi pubblici i genitori i cui figli hanno sviluppato gravi disturbi neurologici a causa dell’assunzione del farmaco.

Nel rispondere negativamente alla mozione della consigliera nazionale Brigitte Crottaz (PS/VD), con cui la deputata chiedeva si seguire l’esempio della Francia, il governo sostiene che per istituire un fondo d’indennizzo con la partecipazione della Confederazione occorre un’apposita base legale, al momento inesistente.

Ma vi è anche un altro motivo per respingere la mozione: la creazione di una simile base legale presupporrebbe la responsabilità di un’autorità statale. Per l’esecutivo, invece, i problemi legati all’indennizzo delle vittime devono essere risolti da chi li ha causati.

La mozione della consigliera nazionale prende spunto dai disturbi che colpiscono i bambini nati da madri esposte al valproato durante la gravidanza. Il 10% dei neonati presenta malformazioni congenite, mentre nel 30-40% dei casi si osservano disturbi dello sviluppo neurologico e dell’apprendimento.

Stando a cifre dello stesso Consiglio federale pubblicate nel 2019, si stima che in Svizzera siano 39 i casi di embrio/fetopatia da valprorato (dai 55 ai 60 casi sospetti secondo le stime di Swissmedic aggiornate a questa estate, come scrive il governo nella risposta).

Secondo Crottaz, questi bambini non godono di alcun riconoscimento ufficiale quali vittime degli effetti secondari di medicamenti e i genitori si battono per offrire loro un’esistenza decorosa senza altri mezzi finanziari all’infuori di quelli dell’assicurazione invalidità. Benché l’Ufficio delle assicurazioni sociali abbia intentato un’azione giudiziaria contro una delle imprese farmaceutiche per tutelare gli interessi dell’Assicurazione invalidità, molte vittime non beneficiano di alcuna protezione giuridica; per questo, i genitori rinunciano a ricorrere a un avvocato.

In Francia, ricorda la Crottaz, è stato elaborato un protocollo nazionale di diagnosi e di cura dell’embrio/fetopatia da valprorato e un questionario medico dettagliato permette ai neuropediatri di comprovare il nesso tra l’assunzione del valproato da parte della madre e i problemi di sviluppo del figlio. Poiché i processi intentati nei confronti del fabbricante – Sanofi, n.d.r – di questo medicamento non hanno ancora permesso di ottenere un indennizzo per queste giovani vittime, è stato istituito un fondo d’indennizzo nazionale per aiutare i genitori ad affrontare le spese generate dalla gestione delle disabilità in questione.

In Svizzera, spiega la consigliera nazionale, i genitori di diverse vittime hanno avviato procedure giudiziarie per ottenere un indennizzo, ma i neuropediatri del nostro Paese sono spesso reticenti ad esprimersi in merito al nesso causa-effetto tra l’assunzione del valproato da parte della madre e i problemi del figlio e ciò complica il compito degli avvocati incaricati di difendere le famiglie in questione.

No a un fondo pubblico

Nella sua risposta, l’esecutivo afferma di sostenere gli sforzi dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali affinché i responsabili – fabbricante e medici – siano chiamati a rispondere nei confronti dell’assicurazione invalidità. Benché buona parte del bisogno di assistenza dovuto agli effetti collaterali del valproato sia coperta dalle assicurazioni sociali, il governo non esclude che le vittime debbano far fronte a danni non coperti dalle assicurazioni e difficilmente oggettivabili.

In merito all’istituzione di un fondo, se esso venisse alimentato su base privata dalle imprese farmaceutiche coinvolte senza la partecipazione della Confederazione, non sarebbe necessaria alcuna base legale (come nel caso del fondo d’indennizzo per le vittime dell’amianto). Se necessario, la Confederazione potrebbe far valere il suo peso politico e assumere un ruolo di mediazione nel caso del valproato.

La denuncia del 2017

La prima denuncia in Svizzera legata al Depakin risale al 2017. Allora, una vodese aveva sporto denuncia per lesioni gravi contro il Centro ospedaliero universitario vodese, i propri medici e la società farmaceutica Sanofi. L’accusa? Non averla informata dei rischi per il proprio feto derivati dall’assunzione dell’antiepilettico Depakine durante la gravidanza. Da allora altri genitori si sono fatti avanti.

Stando al legale della denunciante, la donna prendeva il Depakin dall’adolescenza. Nel 2002 e nel 2004 ha avuto due figli, entrambi con gravi disturbi cognitivi e di autismo. Nel corso di una delle due gravidanze, il personale medico aveva menzionato possibili anomalie quali il labbro leporino e la spina bifida, ma, dopo l’ecografia dei tre mesi, aveva rassicurato la donna sull’assenza di difetti del feto. A quel punto, il neurologo avrebbe aumentato la dose del medicamento, aggravando il pericolo.

Autorizzato dal 1970

In Svizzera l’uso del Depakin è stato autorizzato nel 1970. Negli anni ’80 è emerso che il medicamento poteva causare malformazioni. E nel 2015 Swissmedic ha ufficialmente messo in guardia riguardo a tale rischio.

Contro l’impresa farmaceutica, alla fine del 2016, in Francia è stata già lanciata una “class action” dall’associazione delle vittime del Depakin, allo scopo di ottenere indennizzi per le decine di migliaia di bambini interessati dallo scandalo. Secondo l’associazione, Sanofi non avrebbe messo al corrente dei rischi per i feti del principio attivo, il sodio valproato, nonostante fossero chiari sin dagli anni ’80.

Grave negligenza?

La stessa Crottaz, in un’intervista al quotidiano La Liberté pubblicata il 6 di gennaio 2020, aveva accusato l’industria farmaceutica di una grave negligenza riguardo al Depakin. Crottaz, di formazione medico, si era detta scioccata nel vedere con quale lentezza il foglietto illustrativo del farmaco fosse stato cambiato.

Per la consigliera nazionale, Sanofi era stata negligente nei suoi foglietti illustrativi. Non è escluso, aveva aggiunto, che alcuni medici abbiano trascurato la loro formazione continua e non siano stati coscienti del problema.

Crottaz aveva anche bacchettato l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici Swissmedic per la lentezza con cui trattava le segnalazioni.

Un farmaco controverso

Il Depakin è ancora prescritto per trattare oltre che l’epilessia anche le emicranie, nonostante sia da tempo molto controverso. Da oltre quindici anni infatti gli esperti sostengono che il principio attivo del farmaco, l’acido valproico (o valproato), provochi disturbi nello sviluppo psicomotorio, cognitivo e mentale nel 30-40% dei casi.

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