
Da Basilea una cura per la malattia del sonno

Ricercatori dello Swiss Tropical Institute stanno sperimentando un nuovo farmaco contro il Trypanosoma brucei, un parassita che miete migliaia di vittime in Africa.
Cinquanta milioni di persone nell’Africa sub-sahariana sono esposte al contagio della malattia del sonno, un morbo spesso letale, trasmesso all’uomo attraverso la puntura della mosca tsetse. Ogni anno le autorità sanitarie registrano ventimila nuovi casi di infezione. Solo pochi pazienti, trattati nello stadio precoce della malattia, si salvano. Gli altri cadono in un profondo letargo che conduce al coma e poi alla morte.
Responsabile dell’infezione è un parassita, il Trypanosoma brucei, che si diffonde inizialmente nel sangue e nei vasi linfatici, provocando febbre intermittente. In questa fase è possibile combattere il microrganismo con la suramina, un farmaco antiparassitario che però provoca pesanti effetti collaterali.
Dopo alcuni mesi di incubazione, se la malattia non è stata adeguatamente curata, il tripanosoma invade il midollo spinale e il cervello e inizia una lenta opera di distruzione delle fibre nervose. I sintomi, nello stadio avanzato dell’infezione, sono di tipo psichiatrico: irrequietezza, irritabilità, cambiamento del carattere e sonnolenza che, poco alla volta, sfocia nella letargia. L’esito, a questo punto, è sempre mortale.
Per il momento non esistono farmaci in grado di curare la malattia del sonno quando il parassita ha raggiunto il sistema nervoso, perché le sostanze efficaci contro il Trypanosoma brucei non riescono ad attraversare la barriera emato-encefalica, una sorta di filtro che separa il circolo sanguigno del corpo dai vasi che irrorano il cervello.
Ora un gruppo di ricerca internazionale, di cui fa parte Reto Brun, biologo dello Swiss Tropical Institute di Basilea, ha scoperto il punto debole del parassita e sta sperimentando una cura che potrebbe sconfiggere la malattia anche nello stadio avanzato.
Il Trypanosoma brucei ha un meccanismo di produzione della CTP, una molecola indispensabile per il metabolismo cellulare, differente dal meccanismo impiegato dalle cellule umane. È possibile somministrare ai pazienti un farmaco che blocca la produzione di CTP solo nelle cellule del parassita, senza danneggiare quelle dell’organismo ospite.
Il farmaco in questione, già sperimentato dai ricercatori su cavie animali, ha il vantaggio di penetrare attraverso la barriera emato-encefalica, quindi è attivo anche dopo che il tripanosoma ha invaso il cervello. La terapia, che ha dato buoni risultati in laboratorio, non è stata ancora sperimentata sull’uomo.
Maria Cristina Valsecchi

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