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Influenza dei polli: la corsa al vaccino

Il vaccino contro l'influenza aviaria potrebbe essere una miniera d'oro Keystone

In attesa di un vaccino contro l'influenza aviaria, la Novartis si profila su questo promettente mercato con la scalata all'americana Chiron.

Una manovra che potrebbe consentire alla multinazionale svizzera di colmare il distacco con la concorrente Roche nella lotta contro la pandemia.

Poco fuori Siena, in un paesaggio bucolico, la cittadella della Chiron-Vaccines. Tutto ordinato, pulito. Sembra un campus universitario. Invece qui, – unico centro in Italia – si sviluppano e si producono i vaccini contro l’influenza.

Arriviamo poco prima della pausa pranzo. Molte persone sul piazzale antistante la mensa, tantissimi i giovani. Sono in buona parte ricercatori provenienti da tutto il mondo.

Una lunga storia di vaccini

La Chiron fu fondata, agli inizi del 1900, da Achille Sclavo, che qui diede vita all’Istituto sieroterapico e vaccinogeno toscano.

Nel 1955, fu lanciato il primo vaccino antinfluenzale. Nel 1963, proprio qui, fu sviluppato il vaccino anti-polio.

L’istituto, passato una decina di anni fa sotto il controllo dell’americana Chiron, sforna ora vaccini contro il morbillo, la rosolia, la pertosse e la meningite.

Una scalata che non sembra casuale

La Novartis, che fa parte del “board” Chiron e già detiene il 42% del capitale, recentemente ha lanciato un’offerta pubblica per controllare tutta l’azienda.

“Il settore dei vaccini è in piena espansione. Dieci anni fa, fatturava 2 miliardi di dollari, oggi ne fattura 10 e continua a crescere” dice a swissinfo, il professore Rino Rappuoli, direttore di ricerca della Chiron.

Novartis sotto pressione?

La casa basilese, a differenza di altri importanti concorrenti, è sprovvista di un farmaco specifico conto l’influenza aviaria da mettere sul mercato. Sarà un caso, ma l’indice borsistico Novartis, dall’inizio di quest’anno, è cresciuto “solo” del 9% rispetto al 16% registrato da tutto il settore farmaceutico mondiale.

Da noi contattata, Novartis conferma l’intenzione di volere acquisire la totalità di Chiron, anche se l’operazione non è forzatamente in relazione all’allarme pandemia. Chiron, non opera comunque solo nel settore dei vaccini ma -come riferisce il comunicato stampa della casa basilese diffuso il primo settembre scorso – ha sviluppato anche strumenti per l’analisi sanguigna ed è molto avanzata nei biofarmaci contro le malattie infettive e i tumori.

Sta di fatto che la Chiron, proprio grazie alle ricerche effettuate a Siena, è ormai pronta a produrre un vaccino, il Fluad, capace di prevenire la pandemia aviaria.

“A differenza di quanto si è fatto finora, dice Rappuoli, noi, lavorando sulle influenze aviarie precedenti, in particolare quella del 1997 a Hong Kong, abbiamo sviluppato un adiuvante, in grado di amplificare l’effetto del normale vaccino antinfluenzale. Insomma non è più necessario attendere il contagio uomo-uomo, isolare il virus, studiarlo e realizzare il vaccino, come impone l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS). Ora si può prevenire il contagio”.

In attesa del vaccino

Attualmente, sul mercato, solo Roche e Glaxo dispongono di un farmaco antivirale da assumere ai primi sintomi della malattia. Ma gli esperti avvertono che non si tratta ancora della soluzione del problema che potrebbe venire unicamente da un vaccino.

Nessuno si nasconde dunque che la situazione è seria anche se il passaggio da uomo a uomo, secondo l’OMS, non è ancora avvenuto o quantomeno non è ancora stato verificato.

Livello di allarme e profitti del settore farmaceutico

In Italia, il governo paventa il rischio di 150 mila morti a causa dell’influenza aviaria, e ha già opzionato 35 milioni di dosi di vaccino per un valore superiore ai 5 milioni di euro.

Anche molti altri governi occidentali si stanno attrezzando. Berna, ad esempio, sta accumulando scorte di Tamiflu, l’antivirale della Roche, e afferma che entro fine anno saranno disponibili scorte in grado di trattare il 25% della popolazione. La Francia, ha opzionato 13 milioni di dosi dello stesso farmaco, la Gran Bretagna quasi 15 milioni. Gli Stati Uniti, infine, prevedono di spendere nel 2006, tre miliardi di dollari per l’acquisto di farmaci antivirali.

“Spendere qualche miliardo di euro per essere pronti in caso di pandemia” ci dice Rappuoli, è assolutamente ragionevole. Provi a pensare ai costi causati nel mondo dal morbo della mucca pazza. Spendendo qualche miliardo di dollari si poteva prevenire, evitando i danni economici che invece ci sono stati”.

Allarmismo ingiustificato?

Meno catastrofico invece Tom Jefferson ricercatore indipendente presso il Gruppo Cochrane con sede a Roma. “Non si tratta di sottovalutare il pericolo, ci dice Jefferson. Tuttavia sono molto scettico di fronte a questo allarme. Le stesse persone, che oggi gridano alla pandemia e consigliano il ricorso sistematico ai farmaci, ieri ci terrorizzavano con la sindrome respiratoria acuta grave (Sars). La Sars è stata vinta con mezzi del tutto tradizionali, usando le quarantene, introducendo l’obbligo di mascherine e guanti per chi veniva a contatto con ambienti a rischio”.

L’importanza dell’igiene

“L’influenza dei polli non si combatte unicamente con un vaccino (se mai ci sarà) e con dei farmaci antivirali” ci dice ancora Jefferson. “La lotta va condotta su più piani. Si tratta di mettere in campo una strategia globale fatta non solo di farmaci. Il primo passo è disporre di un sistema d’informazioni accurato e tempestivo. In secondo luogo, in una fase pre-pandemica, è necessario stipulare accordi internazionali di collaborazione fra i governi che assicurino agli specialisti l’accesso a tutte le zone a rischio. In terzo luogo, bisogna arginare il contagio eliminando allevamenti a rischio e proteggendo chi è a diretto contatto con i volatili”.

Secondo il ricercatore, i farmaci e i vaccini non sono sufficienti. E’ molto più importante l’igiene, il fatto che la gente si lavi regolarmente le mani e che eviti ambienti a rischio. “Questa è la vera prevenzione, che costa oltretutto molto poco”, conclude Jefferson.

swissinfo, Paolo Bertossa, Siena

La multinazionale della chimica con sede a Basilea ha messo gli occhi sulla Chiron, azienda specializzata nella ricerca e nella produzione di vaccini, in provincia di Siena.

L’offerta pubblica di acquisto potrebbe rientrare nella strategia della Novartis per recuperare il terreno concesso alla Roche nel settore della lotta contro l’influenza dei polli.

La concorrente, pure di Basilea, dispone infatti già di un medicinale contro l’influenza aviaria, considerata una seria minaccia per la salute mondiale.

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