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Wef: poche ricette per risolvere la crisi mondiale

Circa 2500 leader politici ed economici hanno preso parte al Wef, che si è chiuso domenica a Davos Keystone

Agli occhi della stampa elvetica, dal Forum economico mondiale (Wef), tenuto la settimana scorsa a Davos, non sono emersi nuovi rimedi per far fronte alla recessione planetaria. I dirigenti politici ed economici hanno espresso soprattutto perplessità, ma anche un maggiore senso di responsabilità.

“Le aspettative nei confronti di questa edizione del Wef erano molto grandi”, ricorda il Bund. Il Forum di Davos, intitolato quest’anno “Ridisegnare il mondo dopo la crisi”, voleva infatti dare un contributo importante per permettere ai dirigenti politici ed economici di trovare le ricette adatte a superare la recessione mondiale.

In realtà, afferma il quotidiano bernese, “il Wef si è concluso senza nuove certezze e senza aver trovato una breccia per uscire dalla crisi”. I leader economici hanno potuto soltanto riconoscere “che ci troviamo ancora attualmente in un grande marasma economico: per la prima volta dal Dopoguerra, la congiuntura mondiale registrerà quest’anno un calo”.

A Davos i dirigenti economici e politici erano ancora intenti “a cercare di capire le ragioni che hanno portato a questa grande crisi”, constata il Bund. “Ma il Wef non è per questo una manifestazione inutile. Per risolvere i problemi, i leader mondiali devono poter discutere assieme. Ciò che hanno potuto fare soprattutto nel corso dei numerosi incontri informali”.

Una borsa di idee

Anche per la Neue Zürcher Zeitung, “i dibattiti sulla crisi economica sono stati dominati soprattutto da perplessità”. “Chi si aspettava indicazioni concrete da parte dei responsabili della politica e dell’economia mondiale è rimasto sicuramente deluso”, osserva il giornale zurighese.

“Su alcuni temi politici, come la situazione in Medio Oriente, l’emergenza alimentare nei paesi poveri e le misure di protezione del clima nel dopo Kyoto, si è avuto addirittura l’impressione di ascoltare gli stessi argomenti dell’anno scorso, espressi dalle stesse persone”, rileva ancora la NZZ.

“Il Wef è però innanzitutto una borsa di idee, che serve allo scambio di opinioni”, aggiunge il foglio zurighese, rallegrandosi per il fatto che “i partecipanti al Forum non si siano lasciati andare, a loro volta, ad uno scetticismo nei confronti della globalizzazione, che sta diventando, in misura preoccupante, sempre più popolare”.

Minacce di protezionismo

“I dirigenti politici ed economici mondiali, riuniti a Davos, si sono perlomeno messi d’accordo su un punto: la crisi mondiale è grave, molto grave”, ritiene Le Temps. A suo avviso, il Forum ha permesso tuttavia di riassumere i rimedi che sussistono per superare la crisi: “Mettere in atto azioni pubbliche coordinate a livello internazionale per stabilizzare il settore finanziario, rilanciare i consumi e sostenere il commercio”.

Ricordando che gli scambi mondiali sono la base dello sviluppo, oltre che un fattore di pace, il foglio romando intravede già all’orizzonte il rischio di una ripresa del protezionismo. “Purtroppo, le barriere si stanno già levando. A Londra, Bruxelles e Washington si sta già cedendo agli appelli che giungono dalle lobbies e dalla strada”.

A farne le spese saranno, ancora una volta, principalmente i paesi meno favoriti. “I flussi di capitali verso il Sud cominciano già prosciugarsi. E l’accesso verso il Nord dei prodotti dei paesi in via di sviluppo diventerà sempre più difficile”.

Soluzione ancora lontana

Piuttosto pessimista anche La liberté, per la quale “i partecipanti al Forum hanno parlato molto di fiducia, regolazione dei mercati, protezionismo rampante. Il Wef non ha prodotto però il rimedio in grado di far scendere la febbre che ha colpito l’economia planetaria”.

Una soluzione alla crisi appare ancora molto lontana e non appartiene più soltanto ai membri del G8, il gruppo dei principali paesi industrializzati, sostiene il quotidiano friborghese. “Nel corso dei dibattiti di Davos, americani ed europei hanno dovuto rendersi conto del fatto che non potranno ristabilire la rotta giusta senza l’aiuto delle cosiddette potenze emergenti”.

“La ricchezza mondiale”, aggiunge La Liberté, “non si trova più nei cassetti di Washington, Londra o Parigi, ma in quelli dei paesi esclusi finora dall’élite mondiale, ossia i dragoni asiatici e le monarchie petrolifere mediorientali. E queste nuove piazze economiche rivendicano ora un posto determinante nel nuovo ordine economico mondiale”.

Nuovo senso di responsabilità

Più ottimista la Tribune de Genève, secondo la quale le discussioni condotte a Davos sono state dominate da un nuovo “senso di responsabilità”. I leader politici e finanziari “hanno condannato gli eccessi della corsa al profitto, le assurdità di una mondializzazione senza freni, senza tuttavia fare un mea culpa”.

“I dirigenti mondiali sono unanimi per quanto concerne le ricette che potranno risolvere la crisi”, afferma il quotidiano ginevrino. “Il marasma finanziario potrà essere eliminato, ripulendo le banche dai ‘prodotti tossici’ e ristabilendo il flusso dei crediti. Poi bisogna rimettere in moto la macchina economica attraverso dei piani di rilancio massicci e coordinati con i paesi del Sud”.

A detta della Tribune de Genève, i segnali giunti da Davos sono positivi: “Un nuovo senso delle responsabilità sta nascendo, anche se la fiducia della gente rimane anemica. Le parole e i piani non bastano. Ci vogliono degli atti e dei risultati per sapere chi aveva ragione”.

swissinfo, Armando Mombelli

Il Forum economico mondiale (Wef) è stato fondato da Klaus Schwab nel 1971 a Davos, inizialmente con il nome di Management Symposium.

Da allora il WEF organizza il meeting annuale nella località grigionese. L’unica eccezione è stata l’edizione 2002, trasferita a New York, in segno di omaggio alle vittime degli attentati dell’11 settembre 2011.

Intitolata “Ridisegnare il mondo del dopo crisi”, l’edizione 2009 (tenuta dal 27 gennaio al 1 febbraio) ha raccolto a Davos oltre 2500 leader poltici ed economici mondiali, tra cui una quarantina di capi di Stato e di governo.

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