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A Davos la Svizzera combatte il protezionismo

World Economic Forum

Doris Leuthard si muove in campo internazionale per contrarre i rischi legati all'attuale crisi. La ministra elvetica vuole convicere i suoi omologhi a schierarsi contro la chiusura dei mercati e contro nuove misure protezionistiche.

La ministra dell’economia ha invitato una ventina di colleghi di paesi membri dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) a una riunione di lavoro sabato a Davos. Al centro dei dibattiti ci sarà l’agenda 2009 dei negoziati – fiacchi – del ciclo di Doha.

swissinfo: Sul piano commerciale la Svizzera è sempre più orientata verso l’Asia. In febbraio firmerà un accordo di libero scambio con il Giappone. Martedì il premier cinese Wen Jiabao era a Berna. Che valore ha questa visita?

Doris Leuthard: Questa visita è molto importante per la Svizzera. In passato abbiamo avuto qualche problema, qualche tensione con la Cina. A Berna, il primo ministro Jiabao ha annunciato che nella seconda metà dell’anno avvieremo uno studio di fattibilità congiunto. Ciò significa che in futuro negozieremo un accordo di libero scambio.

swissinfo: Qui al Forum di Davos, i partecipanti in generale sono molto pessimisti riguardo alla crisi economica. Condivide questo pessimismo?

D.L.: In molti paesi c’è una recessione acuta. Nessuno sa quanto durerà questa crisi e nessuno può realmente prevederne l’ampiezza. Le previsioni cambiano quasi tutti i mesi. Ma per finire, fare paura non serve a nulla.

In governo cerchiamo di fare del nostro meglio in questa situazione. Siamo preoccupati. Ricevo ogni settimana analisi precise sulla situazione della Svizzera con i suoi partner commericali. Ma in definitiva, l’importante è fare il necessario per imprimere degli impulsi e lavorare con i nostri partner per rafforzare i legami, soprattutto in materia di esportazioni.

Al riguardo sussiste qualche ostacolo. Ma constato che molti paesi dimostrano di essere interessati a cooperare con noi e vogliono ridurre gli ostacoli tecnici al commercio.

swissinfo: Secondo il “patron” del WEF, non c’è un solo imprenditore che capisca completamente la crisi. È anche il suo caso?

Sì, perché in settembre la situazione è veramente cambiata, con il fallimento della Lehman Brothers. Quel fallimento ha avuto effetti e provocato una dinamica della crisi fino ad allora sconosciuti.

Inoltre, per la prima volta, la crisi non tocca solo qualche mercato, ma il mercato mondiale, precipitato quasi in un sol colpo nella spirale della crisi. Perciò sono molto importanti le misure degli Stati Uniti, della Cina e dell’Europa. Se questi programmi di rilancio congiunturale agiscono abbastanza in fretta, si potrebbe uscire piuttosto rapidamente dalla crisi. Ma nessuno può predire se sarà il caso.

La situazione attuale indica che la mondializzazione è molto avanzata. Siamo molto vulnerabili di fronte a qualsiasi crisi che emerga in un singolo mercato. Ciò implica la necessità assoluta di cooperare. Occorre trasparenza e una certa vigilanza dei mercati finanziari ed economici. Occorrono organizzazioni multilaterali che assumano questi compiti. Dobbiamo dare loro il mandato di sorveglianza e di trasparenza, altrimenti [la prossima volta] non si potrà reagire ai primi segnali.

swissinfo: Lei è criticata sul piano interno. Alcuni politici ritengono che non sia abbastanza attiva per rilanciare l’economia. Comprende queste critiche?

D.L.: Conosco queste critiche, che vengono sopratutto dalla sinistra. Gli altri sono abbastanza soddisfatti del nostro programma applicato passo per passo.

Naturalmente ascolto queste critiche. Ma il Consiglio federale [governo] finora ha osservato una situazione particolare in Svizzera. Gli effetti sui nostri mercati sono più tardivi che in Germania e in Francia. Contrariamente ad altri paesi, non abbiamo una crisi immobiliare. Così come non abbiamo quella dei crediti. L’accesso al credito per le piccole e medie imprese funziona. Ecco perché abbiamo la nostra analisi particolare per il mercato svizzero e il piano d’azione passo dopo passo.

Potremmo evidentemente giocare la carta dell’annuncio di un piano congiunturale dell’1% del prodotto interno lordo (PIL) sommando anche le misure dei cantoni, quelle fiscali, quelle dell’assicurazione di disoccupazione, che è uno stabilizzatore automatico. Complessivamente siamo in linea con i nostri vicini.

swissinfo: Di fronte alla crisi, molti dirigenti temono un ritorno al protezionismo. Anche lei lo teme?

D.L.: È un rischio. I grandi mercati hanno una certa capacità autarchica. Temiamo che vengano imposti ostacoli tecnici o che si aumentino i dazi doganali. Ma le misure concrete finora decise da diversi paesi non rappresentano un pericolo. Si rimane in ambito razionale.

Detto ciò, dobbiamo parlarne e restare vigili. La Svizzera dipende dall’accesso ai mercati. Per questo discutiamo con alcuni partner ancora più aperti di noi per fare progredire il ciclo di Doha [negoziati nell’ambito della WTO], che mira all’apertura dei mercati e non alla diminuzione delle possibilità per i piccoli paesi di accedervi.

swissinfo: A Davos, la Svizzera prepara un documento che impegnerebbe i paesi a rifiutare il protezionismo. Di che si tratta?

D.L.: È un’iniziativa che lanciamo. A Davos sono organizzati dei panel sul tema del protezionismo. Vogliamo lanciare un segnale concreto, oltre i discorsi. Vogliamo che dei paesi, degli imprenditori, in pubblico o firmando una dichiarazione, affermino che sarebbe completamente sbagliato chiudere i mercati e instaurare nuove disposizioni protezionistiche. Chiediamo che affermino di volere l’apertura, l’accesso ai prodotti, ai servizi e a tutti i mercati. Questo segnale darebbe un impulso e sarebbe una morale di apertura di apertura importanti in questi tempi di crisi.

Intervista swissinfo, Pierre-François Besson, Davos
(Traduzione dal francese di Sonia Fenazzi)

L’Ufficio internazionale del lavoro stima che, nello scenario peggiore, il numero dei disoccupati nel mondo quest’anno potrebbe aumentare di 51 milioni.

Ciò corrisponderebbe a un tasso di disoccupazione mondiale del 7,1% e 230 milioni di senza lavoro, contro il 5,7% e 230 milioni di disoccupati nel 2008.

Il numero di posti di lavoro soppressi a causa della crisi potrebbe raggiungere quota 20 milioni.

Doris Leuthard ha dichiarato in recenti interviste che il governo svizzero deciderà probabilmente in estate nuove misure per sostenere la congiuntura.

Fra i possibili provvedimenti, la ministra dell’economia non ha escluso una riduzione temporanea dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).

La consigliera federale non ha dato cifre né altri particolari, ma ha assicurato che le misure al vaglio dell’esecutivo potrebbero essere applicate rapidamente “se la crisi dovesse risultare più lunga e più grave del previsto”.

Le decisioni saranno adottate alla luce dell’evoluzione della situazione e delle previsioni aggiornate.

Origine. Il Forum economico mondiale è stato fondato da Klaus Schwab nel 1971 a Davos, inizialmente con il nome di Management Symposium.

NY. Da allora il WEF organizza il meeting annuale nella località grigionese. L’unica eccezione è stata l’edizione 2002, trasferita a New York, in segno di omaggio alle vittime degli attentati dell’11 settembre 2011.

Slogan. L’edizione 2009 (dal 27 gennaio al 1 febbraio) è intitolata “Ridisegnare il mondo del dopo crisi”.

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