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Dalla Svizzera del dialogo allo Stato fortino assediato, l’immagine di Davos

Opinioni contrastanti, ma maggior parte critiche, sulla decisione di impedire le manifestazioni anti Forum di Davos, una mossa che veicola un'immagine negativa della Svizzera Keystone

Quale immagine della Svizzera si sta facendo in questi giorni la gente dopo le immagini veicolate nel mondo intero dalle televisioni? La Svizzera del dialogo è ormai una figura superata, come ha scritto un editorialista, da uno Stato-fortino assediato?

Moltissime le critiche all’indomani di un fine settimana contrassegnato da una Confederazione dalle frontiere quasi invalicabili per il popolo di Seattle, contestatori della globalizzazione impediti ad esercitare il diritto costituzionale a manifestare, mentre nella “gabbia dorata di Davos” -come l’ha definita l’autorevole quotidiano zurighese Tages Anzeiger- i grandi protagonisti della politica e dell’economia mondiale discutevano come principi feudali sulle modalità per spartirsi il “bottino del mondo”.

Una Svizzera dunque che, all’osservatore esterno, appare simile ad una cassaforte blindata nella quale le libertà di espressione e di pensiero vengono sacrificate sull’altare di una “globalizzazione che accentua le disuglianze e distrugge l’ambiente”, come hanno tuonato i partecipanti al Public Eye on Davos, il vertice alternativo svoltosi in contemporanea al WEF, il Forum economico mondiale.

Senza peli sulla lingua anche il capogruppo della frazione socialista alle Camere, il consigliere nazionale ticinese Franco Cavalli, il quale ha dichiarato a swissinfo che per la Svizzera “che vuole sempre essere il paladino della democrazia si tratta di un’immagine estremamente negativa. Ne è uscita -ha continuato Cavalli- l’immagine di un Paese nel quale, contro quelli che sono i diritti costituzionali e contro addirittura quella che è stata la decisione del Tribunale federale lo scorso anno, si è proibita una manifestazione, togliendo quindi uno dei diritti fondamentali della persona umana, organizzando un apparato poliziesco-militare incredibile per difendere una riunione privata di gente che è già difesa da centinaia di guardie del corpo”.

Per il professor Ernesto Weibel, docente di scienze politiche all’Università di Neuchâtel, “appartiene ora al Parlamento ed al governo federale esaminare se il Consiglio federale aveva la capacità di stabilire uno stato di assedio, proibendo la circolazione su certi assi stradali e ferroviari. Si tratta di una questione da discutere per evitare polemiche in futuro”.

Il consigliere nazionale socialista ticinese Franco Cavalli è molto critico anche sulla copertura dei costi supplementari provocati dall’imponente dispiegamento di polizia e militari (stimati in almeno 5 milioni di franchi, il doppio rispetto all’edizione del WEF dello scorso anno). “Non sappiamo ancora a quanto ammontino le spese in più che possono essere di 5, 10 o addirittura di più milioni di franchi -puntualizza il responsabile del gruppo parlamentare socialista- e questo mi indigna perché quando in Parlamento chiediamo dei sussidi, ad esempio, per programmi di prevenzione della salute, non riceviamo niente con la scusa che le casse dello Stato sono troppo vuote. Qui, invece, per proteggere genete che è già protetta da centinaia di guardie del corpo private, si spendono delle somme enormi. A pagare, purtroppo, alla fine sarà il contribuente”.

Di parere completamente opposto Irene Schellenberg, portavoce dell’Unione democratica di centro, il partito del tribuno zurighese Christoph Blocher, campione dei cosiddetti “Nein sager”, anti europeisti per eccellenza e fautori di una via solitaria ed indipendente per la Svizzera in Europa. “”L’UDC -ha dichiarato a swissinfo Irene Schellenberg- è soddisfatta dell’operato della polizia che è riuscita ad impedire che a Davos giungesse il grosso dei manifestanti anti-globalizzazione, assicurando il perfetto funzionamento del Forum economico mondiale. Il nostro partito è contro le manifestazioni violente. Per questo se guardiamo ai gravi incidenti scoppiati sabato sera a Zurigo, l’anno prossimo sarà indispensabile elaborare un concetto globale di sicurezza per tutta la Svizzera”.

Per il partito di Christoph Blocher non ci sono dubbi sulla legittimità delle restrizioni imposte dalle autorità ai diritti democratici fondamentali. “La libertà di espressione non può essere rispettata quando ci sono delle manifestazioni violente -ha sottolineato la portavoce dell’UDC- che legittimano le restrizioni imposte”.

Opinioni contrapposte anche sul futuro del WEF. Mentre per il consigliere nazionale socialista ticinese Franco Cavalli il Forum di Davos non potrà prescidendere dal dialogo con i contestatori della globalizzazione, per l’UDC “il Forum è estremamente importante perché riunisce non solo coloro che sono a favore della globalizzazione ma anche chi è piuttosto contrario. Si tratta – ha concluso la portavoce dell’UDC Irene Schellenberg- di un dialogo molto importante che può quindi ben continuare come è avvenuto finora. Semplicemente si dovrà elaborare un concetto di sicurezza per tutta la Svizzera concernente le manifestazioni violente”.

Sergio Regazzoni

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