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Le banche estere alla conquista del segreto bancario

Keystone

L'Associazione della banche estere in Svizzera ha un piano ambizioso per salvare il segreto bancario, per proteggere i collaboratori e mantenere la gestione dei capitali esteri sul territorio elvetico. Il piano giunge però in ritardo, affermano gli esperti.

Mentre la Confederazione continua a firmare degli accordi bilaterali di doppia imposizione con paesi terzi, l’Associazione delle banche estere in Svizzera (ABES) vuole impedire che il segreto bancario venga ridotto all’osso.

Per salvare il pilastro della finanza elvetica, l’ABES ha ideato un piano il cui nome trae ispirazione dal celebre cubo “Rubrik”, puzzle tridimensionale che invita il giocatore a raggruppare i colori su ciascuna faccia della figura.

Ritorno all’ordine

Questo progetto, si augurano gli ideatori «dovrebbe riportare una certa stabilità in un settore caratterizzato da una grande confusione e verrà presentato prossimamente ai partiti politici». Il partito liberale radicale svizzero (PLR) ne è già a conoscenza e ha approvato la strategia, spiega a swissinfo.ch Martin Maurer dell’ABES.

«Non vogliamo più la neutralità in materia fiscale. Vogliamo invece applicare le leggi straniere sui capitali gestiti dalle banche in Svizzera versando l’imposta dovuta, ma nel rispetto della protezione della sfera privata. Noi non comunichiamo quindi il nome dei detentori dei conti, ma versiamo ciò che spetta per diritto allo stato con il quale è stato firmato un accordo di doppia imposizione», spiega lo specialista dell’ABES.

In sostanza, l’Associazione delle banche estere in Svizzera propone di separare il reddito dal patrimonio e di riscuotere l’imposta alla fonte per gli stati nei quali sono domiciliati i detentori dei conti amministrati in Svizzera. Si mantiene in questo modo l’anonimato della clientela soddisfacendo quei paesi ai quali spettano le imposte.

In ritardo di una lunghezza

Un passo «lodevole ma che non è l’uovo di Colombo», a detta del professore Henry Peter, avvocato a Lugano e membro del comitato di diritto bancario e finanziario dell’Università di Ginevra: «È una battaglia di retroguardia», sorride.
«L’approccio con il quale si intende far accettare ai paesi che ci circondano, aggiungendoci anche gli Stati Uniti, una soluzione basata sull’imposta alla fonte – ciò che farebbe della Svizzera una specie di esattore delle tasse per questi paesi – oggi non saprà soddisfare le loro aspettative», prevede il giurista.

A detta dell’esperto in diritto finanziario internazionale, la strategia del progetto “Rubrik” giunge con una lunghezza di ritardo «perché è stata elaborata in un momento in cui la Svizzera non era ancora alle prese con le rivendicazioni di alcuni paesi, come è invece attualmente il caso a livello internazionale».

Una strategia più aggressiva

Martin Maurer ritiene che l’ABES si trovi in una posizione privilegiata rispetto all’Associazione svizzera dei banchieri (SwissBanking) per condurre le trattative e in questo contesto può inoltre mostrarsi maggiormente “aggressiva”.

«Gli istituti bancari in seno alla nostra associazione sono più giovani e, forse, meno radicati nella tradizione, rispetto alle grandi banche elvetiche. Disponiamo però di una grande esperienza in ambito fiscale internazionale», sottolinea.

Più piani di salvataggio

Oltre al progetto “Rubrik”, altre azioni di salvataggio del segreto bancario hanno visto la luce in questi ultimi mesi. Fra queste si può ricordare l’iniziativa lanciata congiuntamente dalla Lega dei Ticinesi e l’Unione democratica di centro, con lo scopo di ancorare il segreto bancario nella costituzione federale.

Ma anche questo tentativo potrebbe giungere in ritardo. L’accordo raggiunto recentemente fra Berna e Washington nel contenzioso UBS ha aperto una breccia nel sistema bancario elvetico che non è sfuggita ai paesi confinati la Svizzera quali Francia, Germania e Italia. L’Italia si è già pronunciata per un’amnistia fiscale e la Germania minaccia di indire le vie legali contro alcuni amministratori della fortune elvetiche. La Francia dal canto suo è già in possesso del nome di 3000 contribuenti francesi con conti bancari in Svizzera. Lo ha annunciato il ministro francese del Bilancio Eric Woerth.

La crisi accentua la pressione

«È difficile immaginarsi che questi stati accettino senza battere ciglio che i capitali, di coloro che ritengono degli evasori fiscali, possano continuare ad essere gestiti in Svizzera e godere dell’anonimato», evidenzia Peter.

«A tutto ciò vanno aggiunte pure le difficoltà economiche che hanno colpito la maggior parte di questi stati. Essi vogliono che questi soldi rientrino in patria per ridare respiro alla loro economia», afferma ancora Henry Peter.

In questo periodo, sono pochi i banchieri, da Zurigo a Ginevra, passando per Lugano, che confidano ad altri il loro stato d’animo. Tutti sono in attesa con trepidazione di conoscere cosa riserverà loro il futuro.

Nicole della Pietra, swissinfo.ch
(Traduzione dal francese e adattamento di Luca Beti)

“Rubrik” è il nome del progetto dell’Associazione delle banche estere in Svizzera (ABES), con il quale il consesso intende separare il reddito dal patrimonio e riscuotere l’imposta alla fonte per stati terzi, nel rispetto dell’anonimato dei detentori stranieri di un conto in Svizzera.

A detta dell’ABES, questa strategia ha lo scopo di difendere la sfera privata dei clienti e di proteggere inoltre i collaboratori delle banche straniere in Svizzera da possibili azioni giudiziarie indette da paesi terzi.

La garanzia dell’anonimato dovrebbe pure incoraggiare i detentori stranieri di conti negli istituti bancari elvetici a mantenerli in Svizzera, invece di riportarli in patria.
Il Partito liberale radicale svizzero (PLR) conosce il progetto “Rubrik” e l’approva, afferma l’ABES. Il progetto verrà sottoposto prossimamente al vaglio degli altri partiti svizzeri

L’iniziativa popolare lanciata dai partiti di destra non vuole «sentire parlare di concessioni sul segreto bancario».
Con la modifica costituzionale l’Unione democratica di centro e la Lega dei Ticinesi vogliono completare l’attuale articolo 13 sulla protezione della sfera privata: «Senza il consenso del cliente, nessuna informazione sarà trasmessa a una entità estera o a un’autorità federale non vincolata dal segreto bancario».

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