Groenlandia venerdì al voto anticipato, domina economia
(Keystone-ATS) La Groenlandia torna venerdì alle urne per scegliere il successore di Aleqa Hammond, travolta da uno scandalo che in settembre ha causato il collasso della coalizione che guidava: l’utilizzo a fini personali di poco più di 14 mila euro pubblici che sono serviti ai suoi familiari per pagare alberghi e voli. Lei, leader di uno dei due maggiori partiti del paese, Siumut (Avanti), si è subito dimessa e ora 58 mila esquimesi sono chiamati a eleggere i 31 membri della Dieta e un nuovo premier.
La campagna elettorale di queste elezioni politiche anticipate è stata breve, ma accesa su alcuni punti nodali, come le prospezioni minerarie e le questioni di corruzione, appunto, e il consueto tema dell’indipendenza dalla Danimarca è passato in secondo piano rispetto ai temi economici.
Territorio autonomo del Regno di Danimarca, la Groenlandia non dispone tuttavia dell’indipendenza in politica estera e di Difesa; l’argomento è stato sempre al centro delle rivendicazioni politiche del paese ma questa volta, complici la crisi economica globale e i temi delle ricchezze dell’Artico che fanno ormai gola a numerose potenze, la Cina in primo luogo, è passato in cavalleria. O meglio è stato messo in ‘stand by’ secondo il parere del prof. Ulrik Pram Gad dell’Università di Copenaghen che ha dichiarato ai giornali: “Non è ancora la fine del nazionalismo, ma questa volta il tema è la politica economica….gli investimenti stranieri, la diversificazione del portafoglio nazionale”.
E si possono aggiungere le rotte artiche, la navigazione, la caccia alle balene, la controversa ricerca dell’uranio. La Groenlandia, ‘verde terra’ piuttosto desolata per la verità, è l’isola più grande del mondo e possiede sotto la coltre dei ghiacci che ne intrappolano la ricchezza, risorse eccezionali come oro e petrolio, terre rare e uranio. La sua seconda ricchezza è la pesca e forse non a caso uno dei contendenti di venerdì, Kim Kielsen nuovo leader di Siumut, tra gli slogan ha utilizzato un buon vecchio detto: “Un pesce in ogni rete”.
L’altro partito di spessore, che secondo gli ultimi sondaggi potrebbe insidiare Siumut, è Inuit Atakqatigiit (Ia, sinistra) guidato da Sara Olsvig, che ha messo al centro della sua campagna elettorale le riforme e un nuovo sguardo sul tema della politica economica, bisognosa di un ‘cambio di verso’ radicale: oltre al tradizionale impegno per estrarre dal sottosuolo tutto il ‘ben di Dio’ di cui è ricca, la Groenlandia dovrebbe sapere – sostiene – che “il petrolio e i minerali non salveranno necessariamente l’economia”, ma occorre sviluppare tra l’altro il turismo, una nuova politica ambientale, la lotta alla corruzione.
Il paese sta invecchiando – i giovani tendono ad andare a studiare in Danimarca e a restarci per le maggiori opportunità di lavoro che la ‘casamadre’ offre – e la necessità di diversificare l’economia è ormai impellente, così come – al pari di molti paesi nordici – ridistribuire il reddito tra ricchi e poveri e aree rurali e la capitale, Nuuk.
Secondo Jacob Janussen della Commissione groenlandese di autodeterminazione, “il paese ha bisogno di un maggior numero di imprese private”. Come si vede le differenze tra i due maggiori candidati in lizza non sono abissali: gli ultimi sondaggi dicono però che c’è la concreta possibilità che chi vince (che sia Kielsen o la Olsvig) debba piegarsi ad un governo di coalizione il cui ago della bilancia potrebbe diventare il partito populista Naleraq, creato dall’ex primo ministro Hams Enoksen all’inizio dell’anno.