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L’amianto continua a uccidere

Anche per la rimozione delle vecchie coperture dei tetti in Eternit sono richieste molte precauzioni. www.abmbordogna.it

Sebbene proibito da anni in molti paesi, l'amianto è sempre d'attualità. E non solo per i processi contro l'ABB o per le vittime di Casale Monferrato. Di amianto si continuerà a morire anche nei prossimi decenni.

In questi ultimi tempi, i media si sono ampiamente occupati delle martoriate finanze della ABB, confrontata non soltanto allo scandalo delle pensioni d’oro dei suoi ex-manager, ma soprattutto alla serie di processi che si sta profilando negli Stati Uniti.

Proprietaria della Combustion Engeneering, l’ABB potrebbe infatti essere chiamata a rispondere alle migliaia di cause intentate contro la sua filiale, rea di aver distribuito caldaie con rivestimenti isolanti all’amianto. Una sostanza altamente cancerogena, che ha provato e continua a provocare vittime in tutto il mondo, specialmente tra le maestranze degli stabilimenti in cui veniva lavorato il materiale. Come quello dell’Eternit di Casale Monferrato. O in quelli svizzeri di Niederurnen e Payerne, dove fino al 1976 veniva prodotto fibrocemento contenente amianto – il che è costò la vita a 45 persone, come hanno confermato martedì i responsabili di Eternit.

Un materiale tuttofare

Fino a pochi anni fa l’amianto continuò ad essere impiegato in molte applicazioni industriali. I vari tipi di fibre naturali di silicato, chiamate comunemente amianto o asbesto, sono pressoché indistruttibili, molto resistenti al calore, alla combustione e agli acidi, e per di più costituiscono un buon isolante acustico.

Tutte qualità che ne facevano un materiale molto adatto alla fabbricazione dell’Eternit, le famose lastre ondulate di fibrocemento che ricoprivano tetti e tettoie di mezzo mondo. Ma le fibre di silicato servivano pure alla fabbricazione di moltissimi altri prodotti: dalle stuoie anti-incendio alle guarnizioni per i freni e agli isolanti termici, si contano a migliaia i prodotti che contenevano amianto.

Fibre altamente pericolose

Se per l’industria l’amianto presenta soltanto vantaggi, altrettanto non si può dire per la salute. Le fibre inalate con la respirazione penetrano fino negli alveoli polmonari, dove possono provocare gravissime malattie.

La pericolosità dell’amianto fu riconosciuta già nei primi decenni del secolo scorso. Tanto che nel 1939 la SUVA, l’assicurazione obbligatoria svizzera contro gli infortuni e le malattie professionali, riconobbe come malattia professionale l’asbestosi. Una malattia simile alla silicosi, che colpisce i polmoni e porta progressivamente alla morte per insufficienza respiratoria cronica.

In seguito, vennero poi scoperte altre patologie legate all’amianto, come il mesotelioma, una forma di tumore altamente maligno che colpisce le membrane sierose, la pleura e più raramente il peritoneo. E l’inalazione di fibre di amianto può pure provocare il carcinoma polmonare, il tumore maligno più frequente, specialmente nei fumatori incalliti.

D’altro canto, se normalmente l’asbestosi si rivela mortale soltanto per gli operai esposti a concentrazioni relativamente alte di amianto, il mesotelioma e il carcinoma polmonare sembrano poter colpire anche persone che hanno avuto contatti meno frequenti con le pericolose fibre. Lo dimostrerebbero i casi delle mogli dei minatori sudafricani e di quelle dei lavoratori della ditta Eternit, che lavavano le tute sporche di fibre. O i casi di cittadini abitanti vicino a cantieri navali dove veniva impiegato l’amianto.

“Bomba sanitaria” a scoppio ritardato

Uno degli aspetti più subdoli dell’amianto è che i suoi effetti sulla salute possono manifestarsi diversi anni, o anche decenni, dopo il contatto con la sostanza. E soprattutto il mesotelioma, che si può contrarre anche con un’esposizione relativamente breve, può manifestarsi addirittura dopo 40 anni.

Secondo l’Istituto finlandese per la salute sul lavoro, in Europa occidentale, America del Nord, Giappone e Australia vengono diagnosticati ogni anno 30.000 nuovi casi di cancro legati all’amianto, di cui 10’000 mesoteliomi. In Svizzera, sono una cinquantina all’anno i nuovi casi di mesotelioma che vengono notificati alla SUVA come malattia professionale. Un numero che è in costante crescita dalla metà degli anni ’70 – e per il quale non si attende alcun regresso nel corso dei prossimi decenni. Anzi, secondo i dati pubblicati al congresso dell’European Respiratory Society, tenutosi lo scorso anno in Germania, quello dell’amianto rischia di trasformarsi in una “bomba sanitaria” a scoppio ritardato.

Minaccia latente nei vecchi edifici

Nonostante la sua provata pericolosità, l’amianto viene tuttora prodotto in varie parti del mondo, specialmente in Russia, Cina e Canada. Nel 2000, secondo uno studio dell’Istituto finlandese del lavoro, la produzione mondiale ha superato i due milioni di tonnellate.

In Svizzera, invece, già nel 1975 era stato emesso il divieto di procedere a isolamenti tramite amianto floccato, che si presenta in una forma relativamente friabile. E nel 1990 era entrato in vigore il divieto generale sull’amianto.

Tuttavia, l’amianto è ancora presente in molti vecchi edifici, dove era stato impiegato per l’isolamento termico. E pur non essendo necessariamente dannoso, comporta certi rischi in caso di lavori di rimozione. Per questa ragione, nei giorni scorsi la SUVA ha lanciato una campagna d’avvertimento, sottolineando la necessità che i lavori siano eseguiti da ditte specializzate, nel massimo rispetto delle norme di sicurezza.

Un avvertimento da prendere sul serio, per non incorrere in brutte sorprese tra una qualche decina d’anni.

Fabio Mariani

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