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Primissimo piano di Simonetta Sommaruga con sul fondo, sfocata, bandiera svizzera.

Oggi in Svizzera

Care svizzere e cari svizzeri all'estero,

esattamente un anno fa veniva decretata la situazione straordinaria nella Confederazione. Nel tentativo di contenere la pandemia, furono chiusi esercizi pubblici, strutture culturali e ricreative, scuole.

Il mio pensiero di oggi va proprio a scolare e scolari -con l'augurio che presto suoni la campanella di una vera ricreazione, senza pensieri né misure di protezione- nonché a studentesse e studenti che negli ultimi mesi hanno dovuto costruire il loro futuro perlopiù attraverso uno schermo. Che dal prossimo autunno possano vivere appieno gli anni delle superiori e dell'università, in Svizzera o all'estero. Magari come nostri futuri lettori!

Buona lettura dell'attualità e a domani,

Due uomini in una stanza con divanetti azzurri e arancio e sul muro decorazione a forma di globo terrestre
16 marzo 2020, il consigliere federale Alain Berset con l’allora responsabile delle malattie trasmissibili presso l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) e delegato per la crisi Covid-19 Daniel Koch. Keystone / Anthony Anex

Il 16 marzo del 2020 il Consiglio federale convocava una conferenza stampa senza precedenti. Iniziava con essa il primo lockdown nazionale.

Quel lunedì, i contagi da coronavirus erano poco meno di 3’800 in Svizzera. Ma tre giorni prima l’allora presidente della Confederazione Simonetta Sommaruga aveva riferito segnali di un rapido peggioramento. In effetti, contagi e morti sarebbero raddoppiati nel giro di un week-end.

Per fronteggiare la più grave crisi per la Svizzera dalla Seconda guerra mondiale, il governo passò dalla situazione particolare a straordinaria e decretò così, senza dover passare dal Parlamento, il primo semi-confinamento.

Quelle conferenze stampa, fino ad allora seguite da qualche decina di giornalisti, diventarono un evento mediatico che avrebbe scandito la vita degli svizzeri nei mesi a venire. Obbligando l’esecutivo a comunicare di più e adattare il modo di esprimersi. Oltre, naturalmente, a fare del proprio meglio per proteggere la salute dei cittadini sostenendo al contempo l’economia.

  • Un anno di Covid in Svizzera: retrospettiva di SWI swissinfo.ch
  • Come il coronavirus ha cambiato la comunicazione del Consiglio federale, le riflessioni del portavoce André Simonazzi da Keystone-ATS-SWI
  • “Difficile dire se stiamo già assistendo a una terza ondata”: l’ultimo intervento degli esperti della Confederazione nel resocontoCollegamento esterno del Corriere del Ticino
Quattro anziani seduti su una panchina in paesaggio montano in Svizzera
Keystone / Peter Klaunzer

Il Consiglio degli Stati ha accolto lunedì la riforma AVS 21, che prevede in particolare l’aumento dell’età di pensionamento delle donne a 65 anni.

Per garantire almeno fino al 2030 il finanziamento del primo pilastro della previdenza in Svizzera, messo a dura prova dall’invecchiamento della popolazione e il calo della natalità, sono inoltre stati approvati un aumento di 0,3 punti percentuali dell’IVA e una flessibilizzazione dell’età pensionabile.

Ma cosa accade altrove? La maggior parte dei Paesi industrializzati -scrive la mia collega data-journalist Pauline Turuban- ha introdotto riforme simili. I neo-pensionati e le neo-pensionate più anziani/e sono norvegesi e islandesi (67 anni) e la media dei Paesi OCSE è di 63,5 anni per le donne e poco più di 64 per gli uomini.

Gli stessi problemi demografici della Svizzera spingono molti governi a cercare di ritardare l’uscita dal mercato del lavoro ed eliminare lo scarto tra i generi (ancora presente in una ventina di Paesi OCSE). Sollevando anche molte contestazioni.

  • Difficoltà / punti forti del sistema elvetico, panoramica internazionale e ragioni / origini dell’età pensionabile differenziata nell’approfondimento di SWI Swissinfo
  • I punti principali della riforma AVS 21 e alcuni passaggi del dibattito agli Stati nel resoconto di tvsvizzera.it
  • “Risparmiare resta indispensabile”: le riflessioniCollegamento esterno di un’analista dal settimanale Azione
Ampia spianata dove si intuisce che c è stato lago o grosso fiume con solo piccolo corso d acqua nel mezzo
Keystone / Urs Flueeler

Senza misure di protezione del clima e provvedimenti mirati, la Svizzera accuserà scarsità di acqua a livello regionale.

È quanto riferisce uno studio pubblicato martedì dall’Ufficio federale dell’ambiente (UFAM). Il documento rende conto di un ampio progetto di ricerca chiamato Hydro-CH2018 e svolto da specialisti di servizi federali e istituti terzi.

Per i ricercatori, le ripercussioni dei mutamenti climatici sono “ben più ampie di quanto ipotizzato finora”. Le acque superficiali si riscalderanno molto (+5,5°C in estate per fiumi e ruscelli), con effetti sulla biodiversità. Si verificheranno, solo in apparenza paradossalmente, più inondazioni. Si imporrà una gestione diversa delle acque, ad esempio nella produzione di corrente e nell’agricoltura.

Se non si reagisce adeguatamente, verso la fine del secolo le portate dei fiumi scenderanno in media del 40% in estate ma aumenteranno del 30% in inverno rispetto a quelle odierne.

In un immagine d archivio, un ciclista sfreccia su una pista ciclabile di Zurigo passando accanto a un auto e un tram.
© KEYSTONE / CHRISTIAN BEUTLER

La pandemia di coronavirus ha fatto calare sia gli infortuni professionali che quelli nel tempo libero nel 2020.

Nella costante ricerca dei risvolti positivi della pandemia -nella scorsa primavera si parlò di aria più pulita, città meno rumorose, fauna selvatica che si riappropria di spazi- troviamo oggi le statistiche dell’Istituto nazionale svizzero di assicurazione contro gli infortuni (Suva).

Nel 2020, i casi di infortunio o malattia professionale sono stati 430’286, ovvero il 10% in meno rispetto al 2019. La spiegazione è semplice: a causa del Covid si è lavorato di meno e si è ristretto il ventaglio di attività praticabili, il che ha ridotto di molto le possibilità di ferirsi.

Non si notano differenze tra lavoro e tempo libero. Si registra invece un incremento di ferimenti tra i disoccupati (4,9%), poiché sono di più le persone che hanno perso il proprio impiego, e gli infortuni in bicicletta (+21%), mezzo di trasporto e di svago che ha avuto un vero e proprio boom.

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