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Con l’influenza A nella valigia

Luoghi come Trafalgar Square, dove si ammassano migliaia di turisti, sono particolarmente rischiosi da un punto di vista epidemiologico Keystone

Quest'anno la stagione dei viaggi coincide con l'esplosione del numero di casi di influenza suina. Le autorità e gli operatori turistici non temono conseguenze particolare dal punto di vista sanitario. Dal punto di vista organizzativo la situazione rischia però di essere più difficile.

«Rispetto a una normale epidemia d’influenza, calcoliamo che il numero di malati sarà cinque volte superiore, ossia circa 1,5 milioni di casi», osserva Jean-Louis Zürcher, dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).

Il compito dell’UFSP è di esaminare l’evolversi dell’epidemia a livello mondiale e di emanare delle raccomandazioni. I cantoni sono invece competenti per tutto ciò che attiene ai provvedimenti in materia di sanità pubblica.

Le prescrizioni in materia di vaccinazione fanno pure parte delle mansioni affidate all’UFSP. Secondo Zürcher, il vaccino contro l’influenza A (H1N1) dovrebbe essere pronto in autunno.

Entro allora, il virus rischia di propagarsi in modo inarrestabile. In pochi, però, sono disposti a rinunciare alle loro vacanze per evitare un’infezione, anche perché il decorso dell’influenza A non è diverso da quello delle normali influenze stagionali.

In questa stagione di esodi massicci, il rischio di rimanere infettati è particolarmente elevato. Gli aeroporti, gli autobus, gli alberghi e in generale tutte le infrastrutture turistiche sono sovraffollate.

Secondo Travelmole, il servizio online dell’industria turistica inglese, gli esperti del settore non escludono che la situazione possa diventare molto difficile da gestire. Ad esempio nel caso in cui un’epidemia di influenza A dovesse scoppiare a bordo di una nave da crociera.

Scanner termici ai check-in?

In Gran Bretagna – il paese europeo più colpito dall’influenza A – le compagnie aeree British Airways e Virgin sottopongono ormai a un test i passeggeri in procinto di imbarcarsi. In caso di risultato positivo, i viaggiatori non possono salire a bordo.

Jean-Louis Zürcher ritiene però che questi scanner siano inutili. Secondo Andrea Müller, portavoce di Kuoni, una delle principale agenzie viaggi svizzere, bisognerebbe decidere come comportarsi coi turisti malati già quando entrano negli aeroporti: «Il medico di un aeroporto sa che misure di quarantena possono essere prese anche negli alberghi e non solo negli aeroporti. I malati non devono per forza andare in ospedale».

«Ogni paese ha un suo piano contro la pandemia e molti alberghi che proponiamo nei nostri cataloghi anche, precisa Müller. Gli operatori locali della nostra agenzia li conoscono e conoscono pure i medici. La prassi non si discosta sostanzialmente da quella in vigore per i casi normali di influenza».

Nella maggior parte dei casi, le persone che si sono ammalate di influenza A in Svizzera ritornavano da un viaggio all’estero. Ma cosa succede quando un turista straniero in visita in Svizzera presenta i sintomi della malattia? «L’ospite deve rimanere qui fino a quando non è più contagioso», spiega Véronique Kanel, di Svizzera Turismo.

Simile alla salmonellosi

A mettere in difficoltà gli operatori turistici potrebbe essere più il numero di casi che la gravità della malattia. Il settore è comunque abituato a gestire questi scenari, grazie all’esperienza relativa alla crociere e al relativo rischio di epidemie di salmonellosi. A titolo di esempio, la società P & O Cruises chiede ai propri ospiti di compilare un formulario medico prima di salire a bordo.

Secondo Kuoni, per quanto concerne il turismo da crociera la responsabilità in materia sanitaria incombe alla compagnia di navigazione: «Nei casi più gravi, l’intero battello può essere messo in quarantena. Le società sanno quindi come comportarsi, poiché hanno già dovuto gestire situazioni di questo tipo».

L’operatore M-Travel, appartenente al gruppo Hotelplan, non prevede comunque di adottare misure eccezionali. «Se una persona si presenta al check-in in stato evidentemente febbricitante, essa sarà interpellata dal personale, indipendentemente dal fatto di avere segnalato o meno il malessere», spiega la portavoce Gaby Malacrida.

Inoltre, aggiunge, «se un viaggiatore si ammala in vacanza, egli ha comunque la possibilità di prolungare il soggiorno. I costi supplementari saranno risarciti a dipendenza della copertura assicurativa».

Andy Keller, dell’assicuratore Elvia, precisa: «Le epidemie e le pandemie sono generalmente escluse dalle assicurazioni di viaggio. In caso contrario, il rischio di fallimento sarebbe elevato». Ciononostante, fa presente Keller, all’inizio della propagazione dell’influenza sono stati versati alcuni risarcimenti di entità minore a turisti recatisi in Messico.

Secondo Keller, quindi, un’eventuale partecipazione parziale alle spese – a seconda dell’assicurazione stipulata dal viaggiatore – non può essere esclusa a priori. In ogni caso, conclude, Elvia non ha ancora elaborato alcuna politica specifica relativa alla nuova influenza.

Alexander Künzle, swissinfo.ch
(traduzione e adattamento: Daniele Mariani)

Anne Siegrist, presidente della Commissione federale per le vaccinazioni, ha dichiarato a inizio luglio che i vaccini contro la nuova influenza dovrebbero essere disponibili nel corso del mese di ottobre.

Il vaccino è in fase di produzione, ma deve ancora essere testato e ricevere l’avallo di Swissmedic, l’Istituto svizzero per gli agenti terapeutici. L’Ufficio federale della sanità ha affermato che per le esigenze dalla Confederazione sono state richieste circa 13 milioni di unità del farmaco.

Secondo le stime, in Svizzera rischiano di ammalarsi due milioni di persone a causa del virus A(H1N1). Nella Confederazione, l’ondata di epidemia potrebbe raggiungere un picco già a settembre e registrare in una sola settimana fino a 400’000 persone colpite.

L’influenza pandemica (H1N1) 2009 è stata isolata per la prima volta in Svizzera il 29 aprile 2009. Fino al 20 luglio 2009 sono stati registrati un totale di 241 casi confermati da un laboratorio. In 176 casi si tratta di persone tornate da vari paesi; 42 persone sono state contagiate nella Confederazione.

Le zone ad elevato rischio d’esposizione indicate dall’UFSP sono: America del Nord, America del Sud, America Centrale, Caraibi, Australia, Nuova Zelanda, Hong Kong, Giappone, Filippine, Brunei, Singapore, Thailandia, Israele, Gran Bretagna, Spagna (comprese le Isole Canarie e le Isole Baleari), Cipro, Malta, territori palestinesi, Malesia.

swissinfo.ch

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