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«L’olocausto è la base del genocidio»

Una commemorazione per le vittime civili dell'etnia Tutsi massacrate dagli Hutu nel 1994 in Ruanda. Reuters

L'essere umano è preprogrammato a perpetrare omicidi di massa. È quanto sostiene Yehuda Bauer, professore di studi sull'olocausto alla Hebrew University di Gerusalemme, che si descrive come un «ottimista realistico».

Bauer e altri esperti si sono incontrati durante il Terzo forum regionale sulla prevenzione dei genocidi tenutosi a Berna a inizio aprile e organizzato in collaborazione con i ministeri degli affari esteri argentino e tanzaniano.

Nel suo discorso introduttivo, il segretario generale del ministero degli affari esteri svizzero Peter Maurer ha ribadito che il genocidio è la più grave violazione dei diritti umani. Ha inoltre aggiunto che sia a livello internazionale sia regionale rimane molto da fare al fine di prevenire gli omicidi di massa perché spesso le pertinenti decisioni vengono prese troppo tardi.

swissinfo.ch: Secondo lei ci sono stati 55 casi di genocidio dalla Seconda guerra mondiale che hanno causato milioni di vittime. Si riuscirà un giorno a prevenire i genocidi?

Yehuda Bauer: Sì, è possibile perché gli esseri umani dispongono di capacità in conflitto tra di loro. Da una parte, siamo in un certo senso preprogrammati agli omicidi di massa. Infatti sin dalla notte dei tempi esistono i genocidi. Dall’altra parte, viviamo in branco – sotto forma di clan, tribù, nazioni, gruppi etnici, ecc. – e abbiamo sviluppato competenze di simpatia, amore e cooperazione. Queste due condizioni dell’essere umano sono in continua contraddizione.

Per questo, è possibile prevenire i genocidi, ma è estremamente difficile a causa degli interessi economici e politici che entrano spesso in conflitto. Ci sono stati dei progressi, su questo non ci sono dubbi. Le leggi internazionali sono state ampliate. Tre o quattrocento anni fa un forum di questo tipo non sarebbe stato possibile perché alle persone non importava un granché se milioni di esseri umani venivano uccisi.
 
Ciononostante il progresso è stato minimo e se non facciamo un ulteriore sforzo per prevenire i genocidi in futuro, ci saranno sicuramente ancora più omicidi di massa. La prevenzione non può essere fatta da un giorno all’altro: è un processo che comporta inevitabilmente alti e bassi. Ma è possibile.

swissinfo.ch: Peter Maurer ha affermato che uno dei risultati ottenuti da forum di questo tipo è di aver infranto dei tabu nella discussione in materia di genocidio e di aver migliorato la responsabilità internazionale per la protezione. Secondo lei, cosa intende Maurer?

Y.B.: Oggi si può parlare di genocidio e ottenere risposte che due generazioni fa non era possibile ottenere. Credo che la Svizzera abbia svolto un ruolo leader in questo processo. Non fa parte dell’Unione europea e per questo non dipende da 27 ministri degli affari esteri per prendere una decisione. La Svizzera è cruciale anche in quanto stato neutrale che non difende interessi economici importanti in nessun paese.

Il fatto che uno stato come la Svizzera mostri la via è molto importante. Infatti una piccola nazione è in grado di influenzare le Nazioni Unite e il Consiglio di sicurezza alleandosi con altri stati.

swissinfo.ch: Quali insegnamenti possiamo trarre oggi dall’olocausto?

Y.B.: L’olocausto è la base, perché è il caso di genocidio più estremo a cui finora abbiamo assistito. Non perché gli ebrei hanno sofferto più di altri, ma perché l’idea era di uccidere tutto un popolo senza eccezione alcuna. Fino all’ultima persona. Si tratta di un caso senza precedenti.

Poi, questo popolo si è detto: dobbiamo fare qualcosa. La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio del 1948 si basa sull’olocausto e sul genocidio della popolazione polacca perché dice: «in tutto o in parte». Il tutto erano gli ebrei e la parte erano i polacchi. Ciò costituisce la base della convenzione. L’olocausto è la base da cui sono nate tutte le discussioni sui genocidi.

swissinfo.ch: Mentre si parla con lei, ci si chiede se bisogna essere ottimisti o meno. Cosa ne pensa?

Y.B.: Se non fossi ottimista, non sarei attivo in questo ambito. Ma sono un ottimista realistico. Mi rendo conto degli enormi pericoli. Il genocidio nel Darfur non è stato evitato per via del veto cinese. Non è stato un veto vero e proprio, ma la Cina ha detto che avrebbe posto il veto se altri paesi avrebbero fatto qualcosa contro il governo sudanese che stava uccidendo persone nel Darfur. Perché? Perché la Cina ha degli interessi petroliferi nel Darfur e in principio è contraria ad un intervento che minacci la sovranità di un altro popolo. Questo perché non vuole che altri paesi intralcino a loro volta la sua sovranità.

Le questioni della sovranità e dell’approccio multinazionale sono quindi ancora ben radicate. Anche in Medio Oriente, nello stato di Israele e  in altri paesi si afferma: «insistiamo sulla nostra sovranità!». È sbagliato perché credo che la sovranità ha dei limiti. Se sono perpetrati atti irresponsabili, allora qualcuno da fuori dovrebbe potere fermare tali atti. Non con le forze militari, ma con altri metodi.

[…] per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale:

a) uccisione di membri del gruppo;

b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo;

c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua

distruzione fisica, totale o parziale;

d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo;

e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo ad un altro.

Fonte:

Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, adottata il 9 dicembre 1948.

Yehuda Bauer è professore emerito di storia e studi sull’olocausto all’Istituto Avraham Harman e alla Hebrew University di Gerusalemme. È inoltre consulente accademico presso il memoriale dell’olocausto, istituto di ricerca e di formazione Yad Vashem.

Bauer è nato a Praga nel 1926. La sua famiglia è immigrata in Israele nel 1939.

Ha ottenuto il Dottorato nel 1960 con una tesi sul mandato britannico in Palestina.

Inizia l’attività di insegnamento nell’Istituto di Ebraismo Contemporaneo. Ha fondato il «Journal of Holocaust and Genocide Studies».

Nel 1998 è stato insignito del premio «Israel Prize», il più importante riconoscimento civile in Israele. Nel 2001 è stato eletto quale membro della Israeli Academy of Science.

(traduzione e adattamento, Michela Montalbetti)

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