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Le lezioni dell’affare Dutroux

Marc Dutroux ed i suoi complici davanti alla giustizia belga. Keystone

L’affare Dutroux – il cui processo è iniziato lunedì 1° marzo in Belgio – ha fatto prendere coscienza dell’ampiezza del fenomeno della pedocriminalità.

La vicenda ha spinto la Svizzera ed il resto d’Europa ad armarsi meglio per contrastare i pedofili e le loro reti. Ma rimane ancora molto da fare.

Da lunedì Marc Dutroux e tre dei suoi complici rispondono davanti alla corte d’assise d’Arlon, in Belgio, del sequestro e dell’assassinio di diverse bambine ed adolescenti.

L’inizio del processo ha risvegliato l’intensa emozione provocata nel mondo intero dalla scoperta dei fatti nel 1996. Ma anche l’orrore di fronte all’eventualità di una rete pedofila che beneficiava di protezioni, un aspetto questo che il processo dovrà chiarire.

Otto anni dopo i fatti, non sono meno di 1.300 i giornalisti del mondo intero che hanno chiesto di poter seguire i dibattiti della giustizia belga.

Pedocriminalità e cyberpedofilia

Quest’enorme scandalo belga ha fatto da detonatore in Europa nella presa di coscienza del problema. Dopo l’affare Dutroux, il problema della pedofilia ha attirato l’attenzione un po’ in tutti i Paesi, Svizzera compresa, non risparmiando nemmeno la Chiesa cattolica, né il corpo insegnante.

Parallelamente, il rapido sviluppo d’Internet ha fatto cadere le frontiere del crimine, rendendolo più difficile da perseguire.

È perlomeno questo l’avviso di Pascal Seeger, ex poliziotto ginevrino riconvertito alla lotta contro la cyberpedofilia per conto dell’organizzazione non governativa Action Innocence.

“Siccome è facile cammuffarsi in Internet, ci vogliono degli specialisti d’informatica che siano anche dei buoni poliziotti”, dichiara Seeger a swissinfo.

Il ruolo della polizia

Oggi Pascal Seeger stima che “dopo l’affare Dutroux non ci sono stati dei miglioramenti folgoranti nella lotta contro la cyberpedofilia”.

L’impatto sull’opinione pubblica suscitato dalle marce bianche un po’ in tutta Europa, ha incitato Berna a prendere delle misure. Una di queste è la cellula dei poliziotti informatici.

Lo stesso passo era già stato effettuato dalle polizie cantonali vodese e ginevrina nel 1997 e nel 1999.

Per Pascal Seeger non è in ogni modo sufficiente: “Non hanno né i mezzi sufficienti né il tempo di fare un lavoro di controllo su Internet per identificare i siti pedofili”.

Philippe Kronig, responsabile del Servizio nazionale di coordinazione per la lotta contro la criminalità su Internet (SCOCI), risponde a swissinfo mettendo l’accento sulla qualità del mezzo e sulla parola d’ordine “molta tecnologia di punta e poco personale”.

Dal canto suo Guido Balmer, del servizio stampa dell’Ufficio federale di polizia (fedpol) ricorda che per lo SCOCI, la pedocriminalità è “solo uno dei delitti connessi con la tratta d’esseri umani ed il traffico di clandestini”.

Tutti i partner concordano sul fatto che mancano sia le risorse sia il tempo. Una situazione che non dovrebbe migliorarsi, considerate le drastiche misure di risparmio adottate dalla Confederazione per i prossimi anni.

Scuola e difesa dei giovani

La collaborazione internazionale contro il cybercrimine comincia intanto a dare i suoi frutti.

Lo scorso anno l’operazione Genesis contro i clienti dei siti pedofili ha permesso alla polizia svizzera di interrogare oltre 800 persone amanti d’immagini a contenuto pedofilo. Tra di loro giornalisti, insegnanti, il direttore d’un ciclo d’orientamento.

Una situazione che ha spinto la Conferenza svizzera dei direttori cantonali dell’istruzione pubblica (CDIP) a stilare dal 1° gennaio scorso una lista nera degli insegnanti condannati per atti di pedofilia.

Al servizio stampa della CDIP, Gabriele Fuchs spiega che si tratta del solo mezzo per impedire che le poche pecore nere tra i 100 mila insegnanti svizzeri cambino cantone per continuare a lavorare.

“Il sistema federalista elvetico fa sì che gli insegnanti vengano reclutati nei Cantoni. È dunque prioritario impedire l’assunzione di persone condannate”, precisa Gabriele Fuchs.

La Chiesa cattolica

La Chiesa cattolica non è stata risparmiata dagli scandali. Ancora recentemente nella Svizzera Italiana un prete è stato arrestato per pedofilia.

Marc Aellen, segretario generale aggiunto e portavoce della Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS) è comunque categorico: “Se dei preti sono riconosciuti colpevoli, devono scontare le pene come tutti, incorrendo inoltre nelle sanzioni del diritto canonico”.

La Chiesa cattolica svizzera si preoccupa anche della prevenzione, come assicura Marc Aellen: “Negli ambienti dove sono attivi i preti con i bambini, proponiamo un’educazione ai nuovi mezzi di comunicazione come Internet, che permettano ai ragazzi di non cadere nelle trappole dei cyberpedofili”.

swissinfo, Sergio Regazzoni

24 giugno 1995, rapimento a Liegi, in Belgio di Julie Lejeune e Melissa Russo, entrambe di 8 anni.
22 agosto 1995, sequestro ad Ostenda di An Marchal, 17 anni, e Eefje Lambrecks, 19.
28 maggio 1996, rapimento a Tournai di Sabine Dardenne, 12 anni.
9 agosto, rapimento a Bertrix di Laetitia Delhez, 14 anni.
13 agosto, arresto di Marc Dutroux, la moglie Michelle Martin e Michel Lelièvre.
15 agosto, Laetitia e Sabine sono ritrovate alla periferia di Charleroi.
17 agosto, i corpi di Julie e Melissa sono scoperti nella casa dei Dutroux.
20 gennaio 2002: Marc Dutroux rivela l’esistenza di una rete pedofila con ramificazioni criminali.

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