Cinema: industria porno USA, rivolta contro obbligo condom
(Keystone-ATS) È sempre guerra dei condom in California. L’industria del porno, in rivolta contro l’uso obbligatorio dei preservativi sul set dei film hard, parte ora al contrattacco e fa causa alla contea di Los Angeles. A guidare l’offensiva contro quella che viene considerata come una vera e propria mannaia che si abbatte su un settore già in crisi è la Vivid Entertainment, che grida all’incostituzionalità della cosiddetta ‘Measure B’.
Il provvedimento è stato approvato dal 56% degli elettori della contea di Los Angeles durante il referendum dello scorso 6 novembre ed è volto a fermare la diffusione dell’Aids e di altre malattie, proteggendo gli attori e ottenendo risparmi sul fronte delle spese sanitarie. Ma per i produttori la norma non serve, mentre è sufficiente il sistema attuale di test introdotto dall’industria per prevenire malattie.
Secondo le maggiori case di produzione, inoltre, la legge viola il Primo Emendamento della Costituzione americana, oltre a costringere l’industria del porno a sbaraccare dalla San Fernando Valley, fino ad oggi la pyria della cinematografia porno. “La legge – dice la Vivid Entertainment – è sia anticostituzionale perchè viola la libertà di espressione, sia un flagello economico che gli Studios non sono in grado di sopportare”.
L’industria a luci rosse di Los Angeles impiega migliaia di persone e fattura miliardi di dollari. La ‘Measure B’, secondo quanto sostiene la parte in causa, spingerebbe i produttori ad abbandonare il sud del ‘Golden Statè per dirigersi verso il Messico e in altri Paesi Oltreoceano dove non esistono restrizioni: “La concorrenza è troppo forte e non si può competere con chi altrove non ha certi obblighi”.
I rappresentanti della Contea di Los Angeles al momento non commentano l’azione legale davviata dall’industria del porno. È intervenuta invece la Aids Healthcare Foundation, che ha sponsorizzato l’obbligo dei condom sul set. “Credo che la causa non andrà da nessuna parte – ha detto Tom Myers, consigliere generale della Fondazione – perchè la norma non ha niente a che fare con la libertà di espressione e la storia del Primo Emendamento non sta in piedi”