Il cinema, grande specchio dell’esistenza
Quando i titoli di coda scorrono sul grande schermo e poi si spengono le luci, lo spettacolo finisce. Restano però le parole. Come quelle del grande attore francese Michel Piccoli.
Premiato due volte a Locarno (“Excellence Award” e Pardo per la migliore interpretazione maschile), parla di modestia, di pudore, di discrezione. Ed elogia il silenzio come dimensione dell’essere.
E non lo elogia perché nel lungometraggio quasi muto (non più di una ventina di dialoghi) “Sous les toits de Paris” – presentato al Festival internazionale del film di Locarno – lui ha pronunciato solo qualche rara parola. Ma perché il silenzio è una forma di comunicazione molto intima.
Il silenzio e i segreti
“Un caro amico è venuto a trovarmi. Ha letto il giornale per un’ora e mezza, senza dire una parola. Poi si è alzato e prima di congedarsi mi dice: sono contento di averti visto. Il silenzio ci protegge dai segreti che non si vogliono dire. Anche questa è amicizia”.
Michel Piccoli – di lontane origini ticinesi (leventinesi, di Piotta), che lui stesso vuole verificare – sorprende e con naturalezza insinua fasci di luce negli angoli più profondi dell’essere umano.
“I rapporti umani sono insondabili, a volte inquietanti e non occorre sempre trovare delle spiegazioni. Bisogna essere pronti al divorzio, da una donna che non si ama e a cui non si vuole imporre la menzogna, da un pregiudizio, da un’idea fissa”.
Camicia bianca, pantalone verde bottiglia, giacca grigio antracite, disteso, di ottimo umore, Michel Piccoli – svela in finezza la sua grande umanità, il suo grande spessore. Invitato a parlare del mestiere di attore davanti ad un pubblico numeroso e attento, Piccoli sottolinea qualità che nel mondo del cinema sembrano quasi spergiuri.
Parla di modestia, discrezione, pudore, umiltà. “Mi sento un eterno principiante. E me ne vanto. Perché solo così posso migliorare, crescere, scoprire. Perché solo così non do nulla per scontato e posso così ripartire, ricominciare”.
Piccoli riesce a parlare di cose serie con leggerezza, non risparmia frecciate contro Berlusconi e soprattutto contro Sarkozy. “Faccio parte della generazione che ha visto e vissuto molta sofferenza e che, come scelta intellettuale e culturale, si è sempre impegnata politicamente”.
Attore? Un mestiere spaventoso
Regolarmente, quasi come un intermezzo, lascia scoccare dal suo arco il dardo anti-Sarkozy, che evidentemente non apprezza. “Come Berlusconi, anche lui è un attore, solo che non sa di esserlo. Ha una grande volontà, una grande energia… Ma fra cinque anni sarò io candidarmi alla presidenza della Repubblica francese”.
Scherza, sorride, torna serio, con la serenità di un uomo che ha vissuto e vive la vita. Quella di tutti i giorni, quella quotidiana, quella che il dolore non risparmia, ma che regala anche gioie. “Il mestiere dell’attore è spaventoso. E’ uno specchio per le allodole. La gente crede che sia un mondo meraviglioso perché ha in mente i film di Hollywood, che una volta faceva dei film belli. Una volta. Ma oggi gli uomini sono tutti degli eroi e le donne delle modelle”.
Seppure distante anni luce da questo nuovo cinema hollywoodiano, Piccoli fa notare che il cinema è il grande specchio dell’esistenza o uno specchio in cui riconoscersi. Lui però ama il cinema che spiega il mondo, che gli permette di capire il mondo. Di imparare.
Fragilità e meraviglia
“Mi piace fare il mestiere di attore. Follia ed esagerazione mi sono congeniali, per questo detesto certe commedie all’acqua di rose del giorno d’oggi, con attori che fanno troppo i gigioni. La prima qualità dell’attore è la timidezza, non la tracotanza”.
E ribadisce le qualità che un attore deve avere ricordando in particolare due grandi colleghi scomparsi, Romy Schneider e Marcello Mastroianni: “Erano due stelle del cinema, ma due modeste. Grandi lavoratori e perennemente sorpresi del loro successo, come dei bambini”.
“Se quando si è attori non si riesce a conservare la dimensione dello stupore propria dell’infanzia, che prova meraviglia di fronte alla vita, allora si va incontro al dolore perfetto. Anche perché – continua Piccoli – il nostro è un mestiere molto fragile, come tutti gli altri. Ma ben diverso da quel che s’immagina il pubblico. Un mestiere dove è essenziale diffidare del successo e non aver paura dei fallimenti”.
La pazienza, come virtù
“Il cinema – continua è uno dei più grandi studi che esistono sul passato, il presente e il futuro del mondo”. Ma Piccoli sarebbe pronto a fare qualsiasi cosa per il cinema? “No – ammette – sono pronto a recitare qualsiasi cosa ma non con chiunque». Il suo maggior disappunto? Che il grande Ingmar Bergman non abbia mai fatto capo a lui.
Eppure Michel Piccoli ha lavorato con dei grandi registi, dei maestri, dei mostri sacri del cinema: da Jean Renoir a Luis Buñuel a Manoel De Oliveira, da Marco Ferreri a Jean- Luc Godard.
“Quando ho iniziato a fare questo mestiere – ha precisato – non esistevano i casting directors. Bisognava, pazientemente, ma con determinazione, andare a bussare alle porte dei produttori ed è così che, anche con un po’ di presunzione, ho ottenuto la mia prima parte in un film di Buñuel”.
Piccoli ha più volte sottolineato il concetto del “saper attendere pazientemente per poter conoscere i desideri dei creatori” con cui ha collaborato. Uno stato d’animo che vale anche per l’ultimo film da lui interpretato “Sous les toits de Paris”, accolto dalla critica come “una perla lucente che Cannes non ha avuto e che Venezia non avrà”.
“Felice di essere un eterno debuttante”
“Con i registi – racconta l’attore francese – ci sono dinamiche che non si possono spiegare troppo, occorre restare discreti. Non si tratta di psicanalizzare il regista, ma da queste situazioni nascono rapporti di complicità molto preziosi”.
L’essenziale per lui, ma è un principio che dovrebbe valere per tutti, è “fare il proprio mestiere con passione, cercando di lavorare sempre meglio e in modo originale. È così che, fortunatamente, riesco a restare un eterno debuttante e ciò mi rende poco adatto a tenere dei ‘seminari’, poiché nella vita bisogna sempre essere curiosi e mai considerarsi dei maestri”.
swissinfo, Françoise Gehring, Locarno
Il Locarno Excellence Award, riconoscimento attribuito ai grandi attori, è stato assegnato quest’anno all’attore francese Michel Piccoli, premiato anche con il Pardo per la migliore interpretazione maschile nel film in concorso “Sous les toits de Paris”.
Dopo un debutto di carriera più legato al mondo del teatro e ai ruoli secondari nel cinema, a partire dagli anni sessanta Michel Piccoli diviene un volto noto al grande pubblico.
Da allora si afferma come mostro sacro del cinema francese e nel corso della sua vita s’impone nel panorama del grande cinema d’autore francese ed europeo.
Oltre ad essere attore, Michel Piccoli è anche regista; ha realizzato quattro lungometraggi, tra cui Train de nuit (presentato sulla Piazza Grande nel 1994) e C’est pas tout à fait la vie dont j’avais rêvé (2005).
Michel Piccoli è nato a Parigi il 27 dicembre del 1925 in una famiglia d’artisti, padre violinista e madre pianista. Ragazzo introverso, inviato subito in collegio, il giovane Michel decide presto, a undici anni, che la sua via sarà la recitazione.
Si sposa con l’attrice svizzera Eléonore Hirt, dalla quale avrà l’unica figlia Anne-Cordélia. Sul finire degli anni Sessanta sposa l’attrice e cantante francese Juliette Gréco, dalla quale divorzierà nel 1977, proprio quando Claude Sautet lo sceglierà come interprete della sua Parigi borghese.
Il riconoscimento più grande lo ottiene con Marco Bellocchio, grazie al quale si aggiudica la Palma d’oro di Cannes quale migliore attore per il film Salto nel vuoto nel 1980.
Il film del regista curdo iracheno Hiner Saleem , racconta la solitudine di Marcel, un anziano abbandonato dal figlio e costretto a vivere in una mansarda senza nemmeno la doccia, tanto che una volta a settimana si reca nella piscina comunale. Ma non per nuotare, bensì per fare uso della doccia e lavarsi.
Eppure, nella più straziante solitudine, nella più misera condizione umana, Marcel non smette di sognare, e riesce ancora a trovare la forza di sorridere guardando Thérèse, la donna che ama e che di tanto in tanto va a fargli visita e ad accudirlo.
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