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Uno svizzero alla testa della Deutsche Bank

Non pochi grattacapi attendono Josef "Big Joe" Ackermann Keystone

Lo svizzero Josef Ackermann prende giovedì a Francoforte le redini della Deutsche Bank. Diventa così uno dei più potenti banchieri al mondo.

“Qual’è il modo migliore di riuscire negli ambienti finanziari europei? Essere ignorati dalle banche svizzere.” È la battuta utilizzata dal quotidiano britannico Financial Times a proposito di Markus Granziol, che lascia l’UBS per il gruppo Zurich Financial Services.

Ma l’osservazione vale anche, e forse meglio, per Josef Ackermann. Nel luglio del 1996, il banchiere svizzero lascia bruscamente il Credito svizzero, prima di passare alla concorrenza tedesca. A 54 anni Ackermann diventa giovedì il capo della Deutsche Bank, la prima banca europea, prendendo il posto di Rolf Breuer.

È la consacrazione, per questo figlio di un medico, nato a Mels, nel canton San Gallo, dottorato in economia nel 1977 e entrato nello stesso anno nel Credito svizzero.

Percorso nel Credito svizzero

In breve le principali tappe della sua carriera nell’istituto con sede alla Paradeplatz di Zurigo: prima si occupa del finanziamento di imprese a New York, quindi del mercato dei cambi a Losanna e delle attività di banca d’affari, presso la CS First Boston a Londra.

Nel 1990 entra nella direzione generale del Credito svizzero, per diventare, tre anni dopo, presidente. A fianco di Rainer Gut è il numero due del gruppo e si occupa dell’integrazione della Banca popolare svizzera.

Il giro di boa arriva nel 1996. Il Credito svizzero è in piena fase di trasformazione. La banca si vuole internazionalizzare pienamente. È la nascita del Credit Suisse Group, alla cui testa arriva Lukas Mühlemann. Josef Ackermann se ne va sbattendo la porta, ufficialmente per “vedute divergenti”.

Una banca globale

Dall’autunno del 1996 lo ritroviamo a Francoforte, dove entra nel direttorio della Deutsche Bank. Si fa notare per la maniera rapida ed efficiente di integrare la statunitense Bankers Trust, acquistata nel 1998. Si occupa d’investimenti, attività assai redditizia di cui è il responsabile.

La scelta di Ackermann per rimpiazzare Rolf Breuer alla testa della Deutsche Bank data di un ano e mezzo fa. Il tempo per far assorbire, a Francoforte, lo choc di vedere uno svizzero prendere le redini del colosso tedesco. Un istituto, la Deutsche Bank, ormai in realtà globalizzato, con più di 90’000 impiegati e 12 milioni di clienti in 70 paesi.

L’arrivo ai vertici del banchiere svizzero corrisponde a un cambiamento di struttura. La Deutsche Bank si allontana dal modello tedesco tradizionale, basato su un ampio consenso. Il direttorio è ormai ridotto a cinque membri e un comitato esecutivo è incaricato della gestione quotidiana.

Un compito non facile

Una riforma, quella dell’isituto, che permette di tracciare per Josef Ackermann il profilo di un CEO all’anglosassone. Si tratta di una piccola rivoluzione culturale, in Germania, che non piace a tutti. Lo prova la partenza, nel gennaio scorso, di Thomas Fischer, uno dei membri del direttorio della banca.

Il nuvo capo rimarrà dunque sotto sorveglianza speciale. E il suo compito non si annuncia facile. Bisognerà ridurre i costi di circa 2 milairdi di euro entro la fine del prossimo anno. Il programma di risparmio prevede, tra l’altro, la soppressione, entro l’anno prossimo, del 10 percento dei posti di lavoro.

Inoltre la Deutsche Bank, le cui azioni sono scese del 20% in un anno, cerca di aumentare la sua capitalizzazione in borsa, per evitare un eventuale tentativo di scalata. Prima nel continente per bilancio, la banca tedesca rimane in effetti in termini di valore dietro a UBS e Credit Suisse Group.

Pierre Gobet

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