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Gli euroturbo svizzeri rallentano ma non si arrendono

Christa Markwalder: da sempre una filoeuropeista convinta Keystone

L'adesione all'UE non figura più tra le priorità politiche della Confederazione. Ciò nonostante il Nuovo movimento europeo svizzero (NUMES) prosegue la sua battaglia a favore di una rapida integrazione nell'UE.

Dopo aver navigato a gonfie vele per un certo periodo, l’organizzazione interpartitica si trova ora confrontata con venti contrari: il Consiglio federale punta tutto sui bilaterali e l’export rossocrociato è in forma smagliante.

Negli anni Novanta, il treno espresso dei cosiddetti euroturbo filava ancora a tutto vapore: esponenti di spicco della politica e della società come il consigliere nazionale bernese Marc Suter (PLR) , il presidente del partito socialista svizzero Peter Bodenmann o ancora il pubblicista Roger de Weck si erano erti a paladini di un immediato ingresso della Svizzera nell’Unione europea (UE).

Ai posti di comando del treno diretto con destinazione Bruxelles, il Nuovo movimento europeo svizzero (NUMES) nato nel 1998 dal matrimonio di quattro associazioni filoeuropee. Per un certo periodo l’organizzazione aveva dalla sua oltre metà degli svizzeri.

Una svizzera europea

Tempi passati. Stando all’ultimo sondaggio, infatti, il fronte degli adesionisti è scivolato al 40%. Tuttavia, secondo la consigliera nazionale bernese Christa Markwalder (PLR) da un anno presidente di NUMES, questo non è un motivo sufficiente per desistere.

“Il nostro obiettivo è entrare a far parte dell’UE perché i valori dei Paesi membri sono anche i nostri”, dichiara la giurista 31enne a swissinfo.

“Inoltre, la Confederazione potrebbe trarre non pochi vantaggi da un’integrazione a pieno titolo nel mercato interno europeo.” Con le sue molteplici lingue e culture la Svizzera è un Paese profondamente europeo ed è assurdo che non appartenga all’UE.

A suo modo di vedere, nonostante il numero ridotto di iscritti (circa 4’500) l’organizzazione che presiede è relativamente ben posizionata e interconnessa sia in Parlamento che, in misura crescente, nell’economia rossocrociata e con organizzazioni partner europee.

Un’iniziativa a doppio taglio

Ciò nonostante, Christa Markwalder riconosce che l’euforia per un’adesione si è alquanto smorzata.

“Lo spirito dei tempi è cambiato e l’aria di svolta che si respirava all’indomani del crollo del muro di Berlino si è dissolta senza lasciare traccia.”

La consigliera nazionale bernese non si risparmia neppure un’autocritica: il massiccio no popolare del 2001 all’iniziativa “Sì all’Europa” con la quale NUMES chiedeva l’avvio immediato di negoziati per l’adesione non ha certo giovato al movimento.

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Sempre più vicini, sempre più lontani

La signora Markwalder, inoltre, è perfettamente consapevole del dilemma di fronte al quale si trova NUMES. Da tempo ormai, il Consiglio federale ha abbandonato l’obiettivo dell’adesione formulato nel 1992 per perseguire la stipulazione di accordi bilaterali settoriali con l’UE.

Complice il libero accesso al mercato in alcuni settori specifici – prosegue schiettamente la stessa Markwalder – la nuova rotta imboccata dal governo è stata costellata di successi.

“In realtà – spiega la presidente di NUMES – questa via non ha segnato alcun progresso verso l’entrata nell’UE anzi, ogni accordo bilaterale sottoscritto ha sì portato la Svizzera una lunghezza più vicina all’Unione europea, ma al tempo stesso l’ha allontanata di un passo dall’adesione”.

Daniel Schwarz, politologo dell’università di Berna, riassume così la situazione: “Se la NUMES è davvero determinata a raggiungere il proprio obiettivo, non può far altro che appoggiare l’avvicinamento bilaterale graduale deciso dal Consiglio federale. Ma così facendo diventa difficile per il movimento elaborare una strategia indipendente.”

Un enorme deficit di democrazia

Christa Markwalder si dice preoccupata per la controversia sulla fiscalità. I toni accesi utilizzati da Berna e da Bruxelles rischiano di incrinare la buona volontà della popolazione nei confronti dell’Europa e del processo di integrazione, mettendo a repentaglio sia l’adesione che la via bilaterale.

Al riguardo, ricorda che la maggioranza con la quale il popolo ha accolto le ultime votazioni in materia di politica europea era alquanto risicata.

La giurista bernese non teme per contro che, un giorno, gli accordi bilaterali finiscano con il rendere superflua l’adesione. È infatti dell’opinione che, a lungo andare, gli svantaggi derivanti dalla mancanza del diritto di voto a Bruxelles siano troppo penalizzanti per essere ignorati.

“Quella di allinearsi alle direttive e alle ordinanze emesse dal parlamento, dal consiglio e dalla commissione UE pur non essendovi rappresentati è diventata una prassi corrente. Per la nostra democrazia e la nostra sovranità si tratta di un enorme deficit”, sostiene Christa Markwalder.

Le speranze sono riposte in un evento esterno

A parte esercitare pressioni e curare le pubbliche relazioni, secondo il politologo Schwarz, NUMES non avrebbe molte altre alternative. Un aiuto inatteso potrebbe comunque giungerle da eventi esterni, dopo tutto l’attività dell’organizzazione è legata a doppio filo alle vicende della politica.

“Negli anni Novanta, i verdi erano un gruppo assolutamente marginale, oggi invece la politica ambientale è diventata un argomento di scottante attualità. La stessa cosa potrebbe accadere anche a NUMES e alla sua politica europea”, conclude Schwarz.

swissinfo, Renat Künzi
(traduzione e adattamento di Sandra Verzasconi Catalano)

Nel 1992 il Consiglio federale ha presentato a Bruxelles una domanda per l’adesione della Svizzera all’Unione europea (UE).

Alla fine dello stesso anno, con il 50,3% dei voti gli svizzeri respingono l’ingresso nello Spazio economico europeo (SEE). Il no popolare viene interpretato come un verdetto inappellabile contro una futura adesione all’UE.

Da allora la domanda di adesione resta “congelata” a Bruxelles.

Il Consiglio federale cambia rotta e punta tutto sugli accordi bilaterali con l’UE. Un primo pacchetto (bilaterali I) viene firmato nel 1999, il secondo (bilaterali II) nel 2004.

Nel 2001 il popolo boccia a schiacciante maggioranza (76% contro 23%) l’iniziativa di NUMES “Sì all’Europa”.

Nel 2005 e 2006 il Consiglio federale conferma la sua intenzione di proseguire sulla via degli accordi bilaterali.

Con il suo progetto membre-actif.EU recentemente lanciato da NUMES, il movimento pone l’accento sugli svantaggi con i quali, a suo modo di vedere, la Svizzera deve fare i conti per aver scelto di starsene in disparte.

Su questa piattaforma virtuale, 18 consiglieri nazionali e agli Stati autentici si confrontano su argomenti realmente dibattuti in seno al Parlamento UE.

L’obiettivo di NUMES – spiega Christa Markwalder – è quello di offrire una dimostrazione pratica “in laboratorio” che la Svizzera ha effettivamente qualcosa da dire a livello europeo.

Nasce a Burgdorf nel 1975 e studia giurisprudenza.

Nel 1991 e nel 1997 partecipa al campo europeo per la gioventù, due esperienze che lasceranno il segno.

Nel 1998 viene eletta nel consiglio comunale di Burgdorf.

Nel 2002 fa il suo ingresso nel parlamento del Canton Berna.

Nel 2003 diventa consigliera nazionale (Camera bassa).

Dal 2005 presiede NUMES, un movimento al quale ha aderito sin dalla sua fondazione.

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