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Jihadisti svizzeri, “no” a revoca automatica nazionalità

L'atto parlamentare è stato presentato dal consigliere nazionale Toni Brunner (UDC/SG). KEYSTONE/PETER SCHNEIDER sda-ats

(Keystone-ATS) I jihadisti svizzeri con doppia nazionalità che partecipano, in Svizzera o all’estero, ad attività terroristiche o atti bellici non devono essere imperativamente privati del passaporto svizzero.

Lo ha deciso oggi il Consiglio degli Stati con 27 voti a 12, bocciando così un’iniziativa parlamentare del consigliere nazionale Toni Brunner (UDC/SG). Il dossier è archiviato.

Uno smartphone mostra l’app SWIplus con le notizie per gli svizzeri all’estero. Accanto, un banner rosso con il testo: ‘Rimani connesso con la Svizzera’ e un invito a scaricare l’app.

Pur riconoscendo la minaccia jihadista e la necessità di adottare misure di difesa, la maggioranza crede che il provvedimento auspicato dall’iniziativa sia meramente simbolico e non distolga i jihadisti dai loro intenti criminali.

Oltre a non migliorare la sicurezza, la revoca della cittadinanza potrebbe invece rendere impossibile l’estradizione in Svizzera delle persone colpevoli di reati all’estero o in Patria.

Oltre a ciò, la legge sulla cittadinanza prevede che la Segreteria di Stato della migrazione possa, d’accordo con il Cantone d’origine, revocare la cittadinanza a una persona la cui condotta è contraria agli interessi o alla buona reputazione del Paese. “È quanto appena accaduto a un combattente islamico partito dalla Svizzera”, ha fatto notare il “senatore” Andrea Caroni (PLR/AR) a nome della commissione.

In novembre, in risposta ad una mozione di Marco Romano (PPD/TI) simile all’atto parlamentare di Brunner, il Consiglio federale scriveva che la revoca generalizzata della cittadinanza sarebbe sproporzionata.

Inoltre, si specificava, le norme attuali prevedono già la possibilità di revocare il passaporto a chi ha commesso atrocità all’estero in veste di membri di gruppi estremisti.

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