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Le donne svizzere si danno la mano

In 10'000 in piazza dopo il 10 dicembre per chiedere più donne in governo Keystone Archive

Due mesi dopo lo scacco, vissuto dalle candidature femminili per il governo, le donne svizzere insorgono per reagire alla sottorappresentazione in politica.

Rappresentanti di sette partiti nazionali, da destra a sinistra, preparano una conferenza nazionale a fine 2005.

«È il 10 dicembre che mi ha convertito al femminismo – afferma a swissinfo Barbara Perriard, portavoce del Partito liberale radicale svizzero – sono costernata dal modo in cui le due candidate al governo sono state sacrificate. Non si è stata una semplice questione competenze. Il fatto che le due candidate erano donne ha avuto certamente un ruolo importante».

Il giorno dell’elezione del Consiglio federale, migliaia di donne sono scese in piazza a reclamare una migliore rappresentanza in governo. Dopo le manifestazioni del 1993, legate alla non elezione di Christiane Brunner in governo, la questione femminile è tornata a gremire le piazze.

E, anche se la questione femminile è spesso stata monopolizzata dalla sinistra, in questo caso il movimento di protesta viene da destra. La ministra non rieletta, Ruth Metzler, è popolare democratica; la non eletta è radicale, Christine Beerli: due esponenti eccellenti del fronte borghese.

«Esiste un nuovo femminismo di destra – spiega ancora la Perriard – anche le donne borghesi non hanno più paura di parlare. Il nostro impegno non è contro gli uomini, ma per le donne».

Recentemente anche le organizzazioni economiche e il Segretariato di Stato per l’economia hanno segnalato il ritardo, ponendo l’accento sulle difficoltà che le donne incontrano nell’accesso al mondo del lavoro. A giudizio di molti – anche uomini dunque – quello che succede al vertice dello Stato è solo la punta dell’iceberg.

Una conferenza nazionale

Sulla scia dell’indignazione, è stata lanciata mercoledì l’idea di una nuova conferenza sulla questione. L’incontro, aperto a tutte le correnti politiche, si ricollega ad una lunga tradizione di solidarietà femminile. In cento anni, cinque conferenze nazionali hanno segnato il percorso dell’emancipazione.

Le pioniere del femminismo si sono riunite la prima volta nel 1896 a Ginevra per il «Congresso per gli interessi della donna». In origine erano le condizioni di lavoro al centro delle richieste. Negli anni Venti si è aggiunta la partecipazione alla vita politica.

Solo nel 1971, al secondo tentativo, le donne hanno però ottenuto il diritto di voto e di elezione. Dieci anni dopo, la legge sulla parità ha decretato finalmente l’uguaglianza davanti alla legge. L’applicazione ha portato alla creazione di uffici e servizi per l’uguaglianza. Ma nella quotidianità i problemi da risolvere rimangono.

«È ancora un problema sociale – spiega Kathrin Scheidegger-Ogi, vice-segretaria del Partito socialista – l’immagine dominante della donna è ancora quello della mamma che accudisce alla casa».

Non è un caso dunque che nel 2000, anche con i voti femminili, un’iniziativa popolare che richiedeva una quota di donne nelle istituzioni sia stata rifiutata con oltre l’80% dei voti. Il problema esiste, ma non è riconosciuto dalla maggioranza.

Le speranze oltre la conferenza

La data per la conferenza nazionale non è ancora stata fissata, ma «penso che, simbolicamente, il 10 dicembre del 2005 sarà perfetto», commenta Barbara Perriard. Il ruolo della donna nella politica e nell’economia sarà il nocciolo della questione. Alla preparazione dei lavori partecipano delegate dei sette partiti presenti in parlamento a rappresentanza di tutto lo spettro politico.

Il traguardo va ben oltre quello della discussione e vuole raggiungere il mondo del lavoro: «Degli studi hanno dimostrato che una presenza femminile che supera il 30% degli effettivi, porta ad un positivo cambiamento del clima di lavoro», spiega la Scheidegger-Ogi, auspicando una maggiore presenza delle donne nella vita attiva.

Ma la politologa bernese Regula Stämpfli ammonisce le organizzatrici: bisogna creare una rete di attività che non si limiti ad un solo incontro. Per ottenere dei risultati non basterà dunque una conferenza, «ci vuole un movimento femminile ben organizzato che non abbia paura di toccare i temi scottanti, anche la pornografia, il sessismo nella pubblicità o il rispetto dell’integrità fisica di donne e bambini».

E per mantenere alto l’interesse per tutte le questioni che riguardano la condizione femminile, conclude la politologa interpellata dalla Radio della Svizzera tedesca, è necessario abbandonare il buonismo materno e imparare l’arte dalle organizzazioni non governative che riescono a farsi sentire, portando avanti con successo le loro richieste.

swissinfo

Cinque conferenze hanno segnato il movimento femminista svizzero.

1896: le pioniere si sono riunite la prima volta a Ginevra per il «Congresso per gli interessi della donna». Le rivendicazioni: la formazione e il lavoro.

1921: la questione del diritto al lavoro e del diritto di voto e di eleggibilità hanno dominato il secondo congresso. L’uguaglianza politica era stata riconosciuta da alcuni paesi in Europa dopo la Prima Guerra mondiale. Sul piano federale le donne dovranno attendere fino al 1971.

1946: per la prima volta erano rappresentate le contadine, le donne socialiste e quelle cattoliche. L’accento è stato messo su questioni globali come la pace e la coesione nazionale.

1975: quarto congresso nell’ anno internazionale della donna. Le partecipanti hanno lanciato un’iniziativa per l’uguaglianza di diritti, principio iscritto nella Costituzione federale nel 1981. Altra rivendicazione del congresso: la creazione di un organismo federale incaricato delle questioni femminili, concretizzata solo nel 1988.

1996: si adottano 75 risoluzioni in particolare per chiedere la creazione dell’assicurazione maternità, la flessibilità dell’età di pensionamento senza riduzione delle rendite e una più equa ripartizione del lavoro.

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