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L’appello di Göldi al figlio di Gheddafi

Max Göldi, il cittadino elvetico detenuto in una prigione di Tripoli da due mesi, avrebbe scritto a Seif Al-Islam al Gheddafi, figlio del leader libico, chiedendogli di intervenire in favore della sua liberazione. Stando ad Amnesty International, la famiglia di Göldi non ha notizia di una tale missiva.

«Intervieni e permettimi di tornare in Svizzera», scrive Göldi in una lettera pubblicata martedì sera dalla testata online Oea. Nel documento indirizzato al figlio di Muammar Gheddafi, Göldi chiede di essere considerato «un prigioniero di opinione».

Per Amnesty International (AI), il contenuto della lettera ricorda troppo da vicino i testi pubblicati dall’ong per chiedere la liberazione dello svizzero. La famiglia – contattata da AI – dice di non essere a conoscenza dell’esistenza di una lettera scritta dal loro congiunto.

Max Göldi si trova in una prigione di Tripoli da oramai due mesi. Il collaboratore di ABB, ritenuto in Libia dal luglio 2008, sta scontando una pena di quattro mesi per infrazione delle leggi sull’immigrazione.

«Max Göldi sta bene, tenuto conto delle circostanze», ha indicato martedì Daniel Graf, portavoce di Amnesty International. Il dipendente della ditta ABB è autorizzato a uscire un’ora al giorno nel cortile della prigione per respirare un po’ d’aria fresca.
Göldi riceve la visita quasi quotidiana dei rappresentanti dell’ambasciata svizzera a Tripoli o del suo avvocato Salah Zahaf. La sua famiglia è regolarmente informata della situazione, ha aggiunto Graf, precisando che non ci si deve preoccupare per la sua salute.

Göldi dovrà probabilmente scontare la totalità della sua pena, ha affermato Graf. Non è però chiaro se potrà rientrare in Svizzera dopo la sua liberazione.

Rachid Hamdani, arrestato assieme a Göldi, non è al contrario stato condannato e ha potuto lasciare la Libia il 23 febbraio scorso. Mercoledì, il settimanale romando L’Illustré ha pubblicato la prima intervista ad Hamdani dal rimpatrio.

L’elvetico di origine tunisina racconta le dure condizioni di detenzione, sottolineando tuttavia il buon trattamento ricevuto. «Non doveva andare così – afferma Hamdani – Max [Göldi] avrebbe dovuto seguirmi tre o quattro giorni dopo la mia partenza».

swissinfo.ch e agenzie

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